ARANCINO AL SUGO DI CARNE: LA MIA VERSIONE.
Se si vive in Sicilia si sa: metà delle chiacchierate tra amici e parenti verte sul mangiar bene. Parliamo di cibo anche mentre mangiamo e perfino quando abbiamo finito (e si finisce solo quando si è ben oltre il senso di sazietà, altrimenti per la nonna “nun manciasti nenti!”) Aperitivo? Brunch? Qui da noi esistono solo tre appuntamenti col cibo: colazione, pranzo e cena. E vi assicuro che sono sufficienti…
Oggetto ricorrente delle suddette chiacchierate è il chiodo fisso di ogni siciliano:
dove mangiare il miglior arancino della Sicilia. Sarebbe però più facile stabilire se sia nato prima l’uovo o la gallina. Perché noi siciliani non siamo d’accordo nemmeno sul genere: arancino o arancina? Ma questa è un’altra storia… Ogni capoluogo ha la sua tradizione (la sua panatura, la sua tipologia di sugo/ragù, etc.) e il suo campanilismo, ogni rosticceria i suoi segreti. Quando ci si imbarca in discussioni sull’arancino fra siciliani, bisogna solo sperare che si concluda in tempi ragionevoli con un diplomatico e inevitabile
de gustibus non disputandum est, altrimenti preparatevi pure a interminabili argomentazioni che finiranno per farvi passare la notte in bianco…
Alla luce della mia iperuranica idea di arancino (che quasi mai viene pienamente soddisfatta dai miei innumerevoli assaggi in giro per la Sicilia), ho deciso di cimentarmi tra i fornelli e di tirar fuori la mia versione dell’arancino. Con umiltà e nessuna pretesa di darvi la
vera ricetta ma solo un’interpretazione dell’arancino, io lo faccio così.
PRIMO ASSUNTO: IL RISO NON DEV’ESSERE SCOTTO
Uso sempre qualità di riso da risotto, ad esempio Carnaroli o Roma, perché non cuocio il riso secondo un rapporto prestabilito tra acqua e riso (metodo per lo più tradizionale) ma a risotto, quindi aggiungendo via via brodo fino a quando non ottengo il tipo di cottura desiderato.
Il riso da risotto è particolarmente adatto perché rilascia nel liquido in cui si cuoce, una determinata quantità di amido che poi sarà il collante che terrà assieme i chicchi di riso per dare forma all’arancino. Per la
cottura a risotto, rimando al metodo magistralmente descritto da Alla Bay in
Cuochi si diventa, che per me è una sorta di Bibbia culinaria, che prevede come passaggi obbligati (ovvietà per i milanesi…) tostatura, cottura a risotto e mantecatura finale. Se l’arancino è al sugo di carne, per la cottura del riso utilizzo un
brodo di carne, fatto con lo stesso tipo di carne del sugo. Quindi faccio un soffritto di scalogni, rosolo la carne (a fiamma bassa, altrimenti si bruciano gli scalogni) e aggiungo tanta acqua in relazione alla quantità di riso che desidero cuocere (con un chilo di riso si riescono a fare anche 30-40 arancini). Più carne si utilizza per il brodo, più il brodo è saporito: ma questa è
la scoperta dell’America nel bagghiolo, come amiamo dire in Sicilia… Non metto sale nel brodo: salo via via il risotto mentre lo cuocio. Quindi dico un’altra ovvietà: assaggiate man mano che cucinate e valutando la sapidità aggiungete con moderazione sale. A metà cottura aggiungo tanto sugo (del sugo ne parliamo dopo) quanto basta a colorare sufficientemente il riso. A cottura del riso terminata (rigorosamente al dente!!!), aggiungo il sugo, manteco con un po’ di olio exravergine d'oliva e parmigiano/grana/pecorino (de gustibus…) fino a raggiungere il sapore che più mi soddisfa: dev’essere a tutti gli effetti un gustosissimo risotto! Poi metto il risotto in una ciotola, faccio raffreddare, metto in frigo e me ne dimentico fino all’indomani. Sì, avete letto bene, me ne dimentico fino all’indomani. Il riso continuerà così ad assorbire liquidi: se è troppo cotto, l’indomani mi ritroverò con una pappetta immangiabile.
SECONDO ASSUNTO: IL SUGO SIMILBARILLA NON VA BENE…
Certamente, con un bel sugo pronto preso dallo scaffale del supermercato, si risparmierebbero un paio d’orette di lavoro. Tuttavia per ottenere un buon arancino bisogna
partire dal sugo migliore possibile che si possa cucinare. Sul sugo/ragù (in relazione alle coordinate geografiche cambia il termine, ma la sostanza è la medesima), tutte le nonne e le mamme siciliane mi farebbero scuola e doposcuola. Io comunque lo faccio così. Parto da un soffritto di scalogno, sedano e carota, a fiamma bassissima, altrimenti si brucia lo scalogno. Aggiungo carne di prima scelta (tenera, molto tenera) di manzo e suino (anche salsiccia, per dare una bella botta di sapore, che nel pachinese viene impastata col vino bianco), tagliata con un bel tagliente coltellaccio, a mano, a piccoli cubetti. Dopo un po’ aggiungo un bel cucchiaio di concentrato di pomodoro, amalgamo e subito dopo aggiungo della passata di pomodoro (datterino e ciliegino). Regolo di sale e zucchero (per bilanciare un po’ l’acidità del pomodoro), aggiungo qualche foglia di alloro e lascio cuocere, sempre a fuoco lento, per circa un’ora. A cottura quasi ultimata regolo anche di pepe e aggiungo qualche foglia di basilico e menta (quando sono freschi e disponibili). Lo scopo è ottenere un
sugo poco liquido, molto concentrato.
Esistono tante varianti di sugo, con i piselli, senza piselli, con il solo soffritto di cipolla, con la sfumata di vino bianco o rosso, etc. etc. Prima o poi riuscirò a provarle tutte…
Aggiungo al riguardo semplicemente una postilla sul vino (che eventualmente si sfuma sulla carne, prima di aggiungere il concentrato e la passata): io, come vuole il buon Allan Bay, lo aggiungo solo senz’alcol (basta riscaldarlo prima, in un pentolino, per farlo evaporare), altrimenti si rischia di aggiungere amarezza e acidità a una pietanza già tendenzialmente acida, in quanto a base di pomodoro.
TERZO ASSUNTO: LA DOPPIA PANATURA
Il giorno successivo, con la mano a palmo chiuso, a conca, si raccoglie tanto riso quanto necessario ad avvolgere un
tocchetto del migliore formaggio a pasta “morbida” che riuscite a procurarvi: tuma fresca, canestrato, provola ragusana, etc. La quantità di formaggio dev’essere ben proporzionata alla grandezza della pallina di riso: il mio consiglio è di non eccedere con le dimensioni. Rotolo quindi delicatamente questa pallina di riso in una ciotola di pangrattato, la immergo in uova sbattute, lascio scolare l’uovo in eccesso e la rotolo nuovamente nel pangrattato. Lascio riposare gli arancini un po’ in frigo, in modo che l’uovo si asciughi e solidifichi un po’.
QUARTO ASSUNTO: TEMPERATURA E OLIO DI FRITTURA
Li friggo
in friggitrice a 165-170 gradi in abbondante olio di arachidi (l’olio deve interamente ricoprire gli arancini), finché risultino abbondantemente dorati. Friggendoli in olio più caldo si rischia di non far fondere il formaggio all’interno dell’arancino e di bruciarli esternamente. La friggitrice conferisce quell’uniformità di cottura che in pentola o padella non sono mai riuscito a dare.
COME DEVE PRESENTARSI L’ARANCINO
La panatura dell’arancino dev’essere croccante, dorata. I
chicchi di riso definiti, separabili l’uno dall’altro. Il riso non deve risultare asciutto, ma tanto umido e condito quanto un ottimo risotto. Il sapore complessivo dev’essere pieno e gustoso. Accompagnate con un Rosato di Nero d’Avola
Sultana e…scialatevi!
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
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Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona.
A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte...
CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI?
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In presenza di pendenze, anche leggere, in alcune cart ruts in contrada Targia, a Siracusa, si rilevano dei fori centrali dal diametro tra 30 e 50 centimetri e dalla profondità di 15-20 centimetri, distanti tra loro circa 50 centimetri. Non appare perfettamente regolare né la posizione (non sono esattamente al centro della carraia e perfettamente allineati tra loro), né la forma: o lo scorrere del tempo e l’eventuale usura ne hanno modificato profondamente l’originaria forma o, semplicemente, non hanno mai avuto una sistematica regolarità. Tuttavia lo sfalsamento di posizione tra un foro è l’altro, non è mai completamente “fuori asse”: c’è sempre una porzione larga una ventina di centimetri che coincide con la medesima porzione del foro precedente e susseguente. I fori meglio conservati e più definiti si...
CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE
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Salto ogni preambolo, rimandando a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
La facile tendenza accademica è stata, nella maggior parte dei casi riguardanti le cart ruts, quella di considerarle in funzione delle latomie, ossia delle cave, con le quali molto spesso (ad esempio nei casi di contrada Targia o contrada Pizzuta) condividono lo stesso territorio.
Secondo tale tesi, le carraie si sarebbero indirettamente create a causa dell’usura della roccia a ogni passaggio di carri o slitte cariche di blocchi di pietra estratti. Non riprendo le argomentazioni fin qui esposte al fine di dimostrare che si tratta di una tesi che a un’analisi approfondita delle cart ruts ha fondamenta poco solide. Tuttavia aggiungo un tassello dimostrando la non plausibilità di una loro connessione in termini...
CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO
Leggi anche LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Vagliando la possibilità che le cart ruts siano state gradualmente scavate dal passaggio di carri trainati da animali da soma, ad esempio coppie di buoi, osservando determinati tratti delle cart ruts presenti in contrada Granatari Vecchi, a Rosolini, e in contrada Pizzuta, a ridosso della Riserva di Vendicari, sorgono due domande:
1. Perché costringere gli animali a passare su asperità e sporgenze alte, rispetto alla base dei solchi, anche 60-70 centimetri?
2. Perché, alla presenza di tali ostacoli, non optare per una deviazione?
Per Mottershead, Pearson e Schaefer tali sporgenze si sono manifestate a posteriori, poiché ai tempi dei passaggi dei carri, uno strato di terra ricopriva il banco roccioso, non...
LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Leggi anche I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
Per procedere a questo paragone ho scelto un probabile capitello e l’angolo di un incavo presente in un blocco delle mura nord di Eloro che parrebbe somigliare a un pinax, cioè a una nicchia che avrebbe ospitato un affresco degli heroa, ma che un’osservazione più accorta rimanda a un sistema funzionale alla presa del blocco tramite un argano a pinza. Entrambi gli elementi sono, come le curt ruts, rimasti per millenni in balia delle intemperie, soggetti quindi a un paragonabile logorio dovuto al passare del tempo. La rifinitura del capitello dovrebbe essere di alto livello, poiché elemento architettonico avente funzione anche estetica. L’incavo, invece, avrebbe dovuto esigere solo una rifinitura...
I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Come riscontrabile anche in altri siti nel mondo, in alcune cart ruts da me visitate, in particolare in contrada Cugni a Pachino, in contrada Granati Vecchi a Rosolini e in contrada Targia a Siracusa, si rileva una netta bordatura, una sorta di cornice, a fianco ai solchi, maggiormente marcata esternamente, appena accennata internamente.
Le bordature da me misurate hanno una larghezza di 14-20 centimetri e un’altezza di 8-10 centimetri.
Non in tutte le cart ruts tali cornici sono presenti o particolarmente evidenti, a prescindere dal grado di usura o degrado. Si riscontrano soprattutto nelle cart ruts dai solchi meno profondi.
Come già ampiamente descritto, data la presenza di solchi dalla profondità anche di 65-70 centimetri, le ruote di un eventuale veicolo...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE)
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Clapham Junction
Come nel sito maltese Misrah Ghar Il-Kbir, anche nelle contrade Targia e Granatari Vecchi le cart ruts si intersecano e si incrociano in modo simile agli scambi dei binari in una stazione ferroviaria. Il soprannome Clapham Junction che è stato dato da David H. Trump al sito maltese, deriva proprio dalla somiglianza con la nota stazione ferroviaria inglese. Per la Sagona si tratta di solchi agricoli e canali d’acqua, per Mottershead, Pearson e Schaefer si tratta di percorsi abbandonati per via di ostacoli e usura. Non sappiamo ovviamente quale fosse la morfologia del territorio siracusano e rosolinese ai tempi in cui furono tracciate le cart ruts, ma considerando il contesto attuale, di certo non ci sarebbe stato alcun motivo agricolo per realizzarle, data la presenza di terreni fertili, di fonti e corsi d’acqua dolce...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE)
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Considerazioni sulle tesi di Mottershead, Pearson e Schaefer
Trovo tale studio estremamente interessante, anche se mi perplime quest’enfasi sulla perdita di durezza della roccia bagnata dato che Malta è fra i territori europei a maggior rischio di desertificazione (come lo è purtroppo anche la zona sud orientale della Sicilia). Non sappiamo esattamente che clima ci fosse a Malta durante la realizzazione delle cart ruts, dato che non sappiamo nemmeno con certezza a che epoca risalgano. In ogni caso, potrebbe essere comprensibile prendere il fattore umidità in forte considerazione, in relazione a un territorio costantemente soggetto a precipitazioni, ma per quale motivo gli antichi maltesi avrebbero dovuto intensamente fare viaggi con carri carichi proprio dopo un acquazzone, con tutti i disagi che per esempio il fango avrebbe...