CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
Fonte Foto: Antonino Rampulla
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Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona.
A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte dei casi, anche sulle parti non interessate al passaggio delle ruote, ossia tra i due solchi e lungo i bordi.
Una spiegazione di tale morbidezza di forme, può essere data dagli agenti atmosferici che nel corso dei millenni hanno smussato ogni originaria asperità. Tuttavia, il medesimo fenomeno d’erosione avrebbe dovuto interessare non solo la porzione del banco roccioso in cui insistono le cart ruts, ma l’intero banco roccioso affiorante in zona. Come mai quindi, ad esempio in contrada Targia, da quest’azione di logorio tramite eventi atmosferici, sono stati risparmiati gli affioramenti rocciosi attorno alle cart ruts?
L’idea che la roccia attorno alle carraie fosse stata meno soggetta agli agenti atmosferici e quindi più protetta dalla vegetazione cresciuta attorno e nei pochi accumuli di terra negli stessi affioramenti rocciosi, stride con il fatto che gli unici elementi di reale impedimento alla crescita di vegetazione, sarebbero eventualmente stati solo i solchi, poiché a diretto contatto con le ruote ferrate dei carri. Infatti, in tutte le trazzere (strade di campagna) in zona, la vegetazione non cresce solo lungo le porzioni di strada battute frequentemente dalle ruote dei mezzi di passaggio.
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Tuttavia bisogna considerare anche l’eventuale traino dei buoi, il cui andamento lungo la carraia, oltre a determinare un certo impedimento alla crescita della vegetazione, avrebbe dovuto provocare una sorta di butteratura, almeno accennata, tra i due solchi e ai bordi della carraia (coerentemente alla tesi della formazione dei solchi per usura della roccia calcarea sottostante): a Granatari Vecchi, semplicemente, non ce n’è traccia. Forse gli agenti atmosferici hanno cancellato le flebili tracce di passaggio animale? Come mai tali agenti atmosferici non hanno determinato una levigazione coerente anche nelle sporgenze rocciose di contorno alle cart ruts? In altre parole, come mai spostandosi anche solo di dieci metri dalle carraie la morfologia litica risulta radicalmente diversa, come se avessero subito differenti fenomeni atmosferici?
Altra curiosità è che il medesimo grado di “ammorbidimento” delle forme della roccia di contrada Granatari Vecchi non si riscontra anche in altre cart ruts in zona, nell’arco di una quindicina di chilometri. Ad esempio, le cart ruts in contrada Pizzuta, presentano tra un solco e l’altro un tipo di arenaria morfologicamente indistinguibile dai banchi rocciosi attorno, che ha evidentemente subito i medesimi agenti atmosferici. Così, anche in contrada Cugni o in contrada Maccari, il tipo di logorio della roccia calcarea tra i solchi è coerente col logorio del contesto litico in cui si situano le carraie.
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In opere di mano siceliota, aventi finalità funzionale (quindi tecnica e non artistica, sic et simpliciter uno scopo analogo a una strada…), presenti nel medesimo territorio delle cart ruts e teoricamente coeve a queste (come ad esempio le latomie in contrada Pizzuta, in contrada Targia e le mura di Eloro), sono evidenti le tracce degli strumenti di lavorazione utilizzati (ossia picconi, scalpelli, mazzette, seghe), angoli poco rifiniti e levigati, spigoli non troppo regolari, una discreta porosità e ruvidità del materiale. Le cart ruts, in particolare, di Granatari Vecchi, pur avendo un analogo presunto scopo tecnico (e non architettonico o artistico), sembrano invece molto più rifinite, levigate, lisce, con angoli uniformemente smussati, anche in porzioni non interessate al passaggio delle ruote (per le quali non si può quindi ipotizzare una levigazione non volontaria, effetto collaterale dall’azione delle ruote).
Queste evidenze rappresentano un ulteriore indizio del fatto che tali strutture, cioè cart ruts ed opere siceliote citate, con estrema probabilità, non appartengono né al medesimo periodo storico, né sono state costruite con i medesimi mezzi e dalla medesima mano.
Non è inoltre realistico ipotizzare che tali differenze di levigatura siano dovute a un’operazione sistematica condotta manualmente sulle cart ruts, poiché contro ogni senso logico e pratico a cui la cultura greca ci ha abituati, anche in considerazione del fatto che non riservavano un simile trattamento nemmeno per opere anche ornamentali, come i capitelli.

Tirando le somme, in considerazione di quanto scritto finora in merito alle cart ruts, credo che si possa ormai ragionevolmente escludere che le cart ruts siano semplicemente il risultato indiretto del passaggio di carri, non perché fisicamente impossibile (considerando la relativa morbidezza di rocce come la calcarenite o l’arenaria), ma per la presenza di elementi “corollari” che non possono essere derivati da tale passaggio. Se attentamente analizzate, così come in parte fatto rispetto alle cart ruts maltesi, non si possono oggettivamente considerare strutture coeve alla colonizzazione greca. Che le abbiano sfruttate, anche semplicemente come solchi per “scontarsi” il lavoro necessario all’estrazione dei blocchi, è evidente, e ciò dovrebbe logicamente rimandare alla possibilità che i sicelioti le avessero trovate già lì.
A parte i solchi, diverse cart ruts non hanno molto altro in comune (si pensi alle carraie di contrada Granatari Vecchi e a quelle di contrada Pizzuta) e non sembrano nemmeno tra loro contemporanee: tuttavia stabilirne la maggiore antichità è un’operazione non semplice, poiché quelle che presentano una migliore conservazione, sono anche quelle che mostrano un maggior grado di morbidezza delle forme, di smussatura degli angoli, quindi teoricamente si presentano così per aver subito per maggior tempo gli agenti atmosferici, a meno che non siano nate direttamente così, cioè da progetto, e che quindi appaiono conservate meglio proprio perché di fatto sono più recenti rispetto alle cart ruts più rovinate.
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Delle culture che hanno preceduto i greci in Sicilia non sappiamo moltissimo e quel poco che accademicamente sappiamo è incompatibile con la realizzazione delle cart ruts.
Tornando alla riflessione che ha costituito l’incipit del mio personalissimo approfondimento sulle cart ruts, per quanto il culto dei morti sia parte essenziale delle culture umane, se si guarda complessivamente la storia umana, non ha mai determinato sforzi superiori a quelli mirati al miglioramento della qualità della vita. Sebbene l’ipse dixit abbia indicato il culto della morte come spiegazione principale di qualunque buco scavato su una parete rocciosa o di qualunque monumento di cui non è chiara la finalità, gli sforzi maggiori (energetici, economici ed intellettuali) degli uomini sono sempre stati diretti al miglioramento della qualità della vita, come dimostra l’evidenza che dalla scoperta del fuoco siamo in relativamente poco tempo finiti a sviluppare una cultura in grado di mandare rover e droni ad esplorare Marte, con conseguenti ricadute tecnologiche che hanno via via migliorato radicalmente la qualità della vita. Invece i cimiteri sono più o meno rimasti tali e quali…
Le cart ruts sono diffuse in tutto il territorio siciliano, in particolare lungo tutta l’area costiera sud occidentale e sud orientale (personalmente ne ho rilevato finora tracce, più o meno evidenti, in contrada Targia e presso il Teatro Greco a Siracusa; nell’area della Riserva di Vendicari quindi in contrada Pizzuta, a Eloro, in contrada Maccari e in contrada San Lorenzo; tra Pachino e Portopalo di Capo Passero nelle contrade Cugni e Torre Fano; nei pressi di Rosolini in contrada Granatari Vecchi; nei pressi di Cava Grande del Cassibile; a Noto Antica e a Castelluccio di Noto), a Malta, in Turchia, in Spagna e in molte altre zone del mondo. Ciò non costituisce forse un indizio che la ricerca accademica dovrebbe prendere un po’ più seriamente queste famigerate cart ruts, cominciando a prenderle in considerazione come espressione di un’ipotetica cultura almeno mediterranea, precedente all’espansionismo greco, ridimensionando la passione per il culto dei morti che si attribuisce alle civiltà pre-elleniche, cominciando quindi a scrollarsi di dosso qualche pregiudizio e qualche ipse dixit di troppo?
Fonte Testo: Antonino Rampulla
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