CRONACA DI UNA RICETTA: QUANDO BRIOCHE FA RIMA CON STRUTTO
CRONACA DI UNA RICETTA: QUANDO BRIOCHE FA RIMA CON STRUTTO
Fonte Foto: Antonino Rampulla
Ve lo confessiamo: per campanilismo regionale e per eccesso salutista avremmo preferito utilizzare il nostro olio d’oliva e le nostre farine (semole varie e maiorca). Ci abbiamo provato. Abbiamo fatto innumerevoli sperimentazioni. Tuttavia dobbiamo arrenderci all’evidenza. I risultati migliori li abbiamo ottenuti con gli ingredienti contro i quali abbiamo costantemente tifato: manitoba e strutto.

Della manitoba ne abbiamo già abbondantemente parlato a più riprese: si tratta essenzialmente di una farina di forza di grano tenero, purtroppo per buona parte d’importazione. Cos’è invece lo strutto?

Lo strutto è un grasso alimentare ottenuto dalla cottura del tessuto adiposo del maiale (in particolare dall’area dorsale e surrenale), filtrato e lasciato raffreddare. In Sicilia, durante la dominazione spagnola (tra il XVI e XVII secolo), l’antico termine spagnolosaim indicante lo strutto, è divenuto saime (che più volte abbiamo sentito pronunciare ai nostri nonni). È quindi da considerare a tutti gli effetti un ingrediente tradizionale siciliano, alla base di tanta pasticceria (basti pensare alla cialda dei cannoli) e rosticceria (dai pitoni messinesi, alle cipolline catanesi e agli sfincioni palermitani) siciliana.

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Sappiamo davvero cosa sia un grasso alimentare?

Il chimico Dario Bressanini, che per quanto ci riguarda è la Cassazione dell’alimentazione, scrive che tutti gli oli e i grassi alimentari contengono, in percentuali diverse, sempre gli stessi acidi grassi, legati nei trigliceridi. Dal punto di vista chimico non c’è quindi differenza tra oli e grassi. Tuttavia definiamo oli i grassi che si presentano liquidi a temperatura ambiente. I trigliceridi sono invece le molecole (presenti sia negli animali sia nei vegetali) che servono a immagazzinare gli acidi grassi. Gli acidi grassi possono essere saturi, monoinsaturi e polinsaturi.
Tutti i grassi alimentari sono composti per lo più da trigliceridi. Ciò che varia da grasso a grasso (cioè tra burro, strutto, olio d’oliva, etc.) è la presenza più o meno maggiore di acidi grassi saturi rispetto agli insaturi. Poiché i trigliceridi sono insapore, la differenza di sapore tra i vari grassi alimentari è data dalla rimanente piccola percentuale delle altre sostanze di cui sono composti. Tendenzialmente gli oli hanno più acidi grassi insaturi rispetto ai saturi. In quanto gli acidi grassi saturi hanno un punto di fusione più alto, va da se che grassi alimentari come lo strutto siano particolarmente adatti per la frittura. Il mito dell’assoluta nocività degli acidi grassi saturi è da sfatare, poiché nella giusta quantità sono utili al nostro organismo. Bressanini sottolinea un’apparente ovvietà: il problema sono sempre gli eccessi.

Nella maggior parte delle prove fatte, abbiamo utilizzato in particolare il burro da centrifuga, il grasso alimentare più “nobile” di cui disponessimo dopo l’olio d’oliva di nostra produzione (che purtroppo, prove alla mano, non è esattamente adatto a preparazioni come le brioche). Tuttavia ci siamo dovuti arrendere ai migliori risultati ottenuti con lo strutto. Ma quanto fa più male lo strutto rispetto al burro?

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Facciamo qualche calcolo.

Lo strutto è per il 97-99% costituito da acidi grassi; il burro lo è “solo” per l’83%. Il 44% degli acidi grassi dello strutto è costituito da acidi grassi saturi; nel burro è invece il 49% degli acidi grassi a essere saturi. Quindi 100 grammi di strutto possono contenere circa 43 grammi di acidi grassi saturi; 100 grammi di burro ne contengono invece circa 40 grammi. Sostanzialmente una differenza irrisoria.
Considerando anche il personalissimo fatto che, la scorsa stagione estiva, la nostra ricetta delle brioche prevedeva 140 grammi di burro su un chilo di farina, rispetto ai 100 grammi di strutto della nostra ultima (e per quest’anno definitiva…) prova, abbiamo addirittura abbassato la percentuale di acidi grassi saturi…

L’OMS consiglia un’assunzione giornaliera di acidi grassi saturi non superiore a 30 grammi.
In ogni nostra brioche finiscono circa 7 grammi di strutto e una piccola quantità di burro (cioè durante la pirlatura, per via dell’imburramento del piano di lavoro) quindi circa 3-4 grammi di grassi saturi, ossia una quantità, dal punto di vista salutare, in fin dei conti sostenibile…

Perché in un impasto lo strutto “funziona”, secondo noi, meglio del burro?

Perché rispetto al burro conferisce maggiore friabilità e morbidezza per più tempo, poiché lo strutto contrasta la perdita di umidità anche dopo la cottura. In altre parole (prove alla mano), una brioche impastata col burro comincia a perdere considerevole morbidezza già dopo un’ora dalla sfornata (specialmente in inverno, quando, supponiamo, il burro incorporato nella brioche risolidifica più rapidamente); invece la stessa brioche impastata con l’equivalente quantità di strutto si mantiene accettabilmente morbida anche dopo cinque ore (conservata ovviamente in maniera opportuna).

Per gusto personale e per mantenere le brioche più leggere, abbiamo scelto di non mettere uovo all’interno dell’impasto (come la tradizione siciliana invece vorrebbe): il relativo effetto collaterale è l’ottenimento di un impasto più scarico di colore e meno reagente alla maillardizzazione. Per esigenze pratiche abbiamo anche scelto di non mettere il classico tuppo (il che equivale ad alto tradimento qui in Sicilia! Pardon…) Per il resto abbiamo invece preferito rimanere il più possibile tradizionalisti e “naturali” (per quanto possa avere in tal caso senso questo termine), optando ad esempio per un'altrettanta pratica marmellata d’arance amare in luogo delle più usuali fialette aromatiche da pasticceria e per una doratura classica tramite spennellata di tuorlo, che chiaramente non sarà mai uniforme come una spruzzatina di brillo brioches

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Fonte Testo: Antonino Rampulla
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