“DA DOVE VIENI? TERRAFERMA, TERRACHIUSA”. RIFLETTERE PER SCHIERARSI
“DA DOVE VIENI? TERRAFERMA, TERRACHIUSA”. RIFLETTERE PER SCHIERARSI
Fonte Foto: Antonino Rampulla
Nel suo toccante monologo, la bravissima Igiebor Eseosa racconta di una sera, una sera qualunque in uno dei tanti campi di concentramento libici in cui i migranti sono costretti a vivere stipati come bestie, nell’attesa incerta e indeterminata del proprio turno per la traversata del Mediterraneo. Alcuni carcerieri entrano nel magazzino per strappare una bambina di sei anni dalle braccia di una disperata madre che implora loro di aver pietà. La bambina è violentata dal branco disumano per tutta la notte. Viene poi rigettata fra le braccia della madre, priva di coscienza, sanguinante e tumefatta.
La “dose” è rincarata dal racconto di una donna partoriente uccisa insieme al figlio quasi nato perché, lamentandosi delle doglie, semplicemente infastidiva i suoi aguzzini.
Da padre e marito, col senno di poi, avrei anche potuto preferire un energico e ben assestato pugno in pancia all’ascolto dei resoconti delle quotidiane atrocità nei lager libici. Un conto è leggerle nei tanti articoli presenti in rete. Altra cosa è ascoltarli dalle parole di una spontanea Igiebor Eseosa, in cui l’assenza di artifizi teatrali nel suo modo di recitare e, probabilmente, l’esperienza di un vissuto non meno drammatico, ne hanno amplificato l’autenticità.
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Da dove vieni? Terraferma, terrachiusa è una rappresentazione teatrale, alla quale ho avuto il piacere di assistere (se tale espressione risulta appropriata al riguardo) in seno alla rassegna Aria nuova in ME, che sbatte in faccia allo spettatore fatti nudi e crudi, storie di ordinaria follia subite da chi fugge da una situazione insostenibile (che sia guerra o assenza di condizioni minime per vivere dignitosamente, non ha alcuna importanza) finendo nelle mani di delinquenti senza scrupoli.
L’attore Thilina Pietro Feminò giganteggia. Simulando un realistico accento francese africano e col cinismo rassegnato e distaccato di chi ha assistito quotidianamente a troppe atrocità, racconta, tra le altre vicende, di come per scacciare la noia alcuni carcerieri liberassero gruppi di migranti incitandoli a scappare, al fine di usarli come bersagli dei loro divertiti colpi di fucile. Nello svolgersi della narrazione teatrale, Giampiero Cicciò e Maurizio Marchetti sembrano implicitamente voler indicare allo spettatore la chiave ermeneutica per inquadrare coerentemente tutte le scene e i contributi video utilizzati: la conoscenza, il riconoscimento in quanto esseri umani, l’incontro tra persone, annulla la diffidenza e riattiva l’empatia. Tuttavia la mia impressione è che la grande forza dirompente del nichilismo dei fatti libici narrati, releghi tutto ciò che si infrappone tra il monologo di Igiebor Eseosa e quello finale di Thilina Pietro Feminò, al ruolo di un debole corollario. In altre parole, si ha l’impressione che agli assassini libici non freghi assolutamente nulla che, ad esempio, siamo geneticamente tutti una grande famiglia: quindi con questa gente, che non ha pietà nemmeno di un neonato, da dove cominciare a dialogare?
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Da dove vieni? Terraferma, terrachiusa sottende una critica agli accordi internazionali stipulati per il “controllo” dei flussi migratori: in cambio di mezzi, addestramento e denaro da parte dell’Unione Europea (e in particolare del Governo Italiano), il Governo Libico avrebbe promesso di collaborare. Tale collaborazione nei fatti è tradotta nella riduzione delle partenze (col conseguente prolungamento del calvario dei migranti trattenuti nei lager), nel riportare indietro i barconi intercettati (e quindi i migranti nei lager), nel chiudere un occhio sulla gestione disumana dei campi di concentramento, sulla tratta dei migranti come schiavi, sulle estorsioni e sui ricatti ai danni delle famiglie d’origine. C’è quindi da stupirsi se la Guardia Costiera libica ha a volte lasciato deliberatamente annegare i migranti in mare e ostacolato i tentativi di soccorso delle navi delle organizzazioni non governative, perfino speronandole?
Davide Liotta, patron della rassegna, si chiede retoricamente come sia possibile che valori oggi dati per scontati, siano nei fatti messi in discussione.
Quale barbarie compiuta il secolo scorso non è bastata a scongiurare la riconsiderazione di pratiche e ideologie disumane? Purtroppo oggi tornano attuali le riflessioni sulla “banalità del male” di Hannah Arentd, impressionata dalla totale deresponsabilizzazione dei subalterni nazisti rispetto all’esecuzione acritica di ordini atti a sterminare sistematicamente un intero popolo, come se non si trattasse di persone, come se fossero semplici oggetti di cui potersi sbarazzare. Oggi tornano attuali anche i celebri versi di Primo Levi, che nel riferirsi al modo in cui gli ebrei venivano trattati nei lager nazisti, poneva un retorico dubbio sul fatto che fossero considerati degli esseri umani dai loro persecutori.
Il sospetto è che tali riflessioni purtroppo non abbiano mai smesso di essere attuali.
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Se nei lager libici perfino un bambino non suscita compassione, non è considerato una persona ma una cosa di cui disporre, di cui potersi senza troppi problemi disfare, se la politica e l’opinione pubblica ne sono al corrente ma “gli africani stiano comunque a casa loro!”, significa che il rischio di oltrepassare quel punto di non ritorno che nel Novecento portò all’ascesa di ideologie abominevoli è reale. Girarci dall’altra parte, far finta di non sapere, crogiolarci al calduccio della nostra rassicurante comunità in cui continuare a sentirci comunque buoni, sia essa la parrocchia in cui il “prossimo” è solo bianco e con accento familiare, sia essa il partito politico in cui mascherare cattiveria ed egoismo con un’ipocrita esigenza di maggiore sicurezza, non cambia la realtà di star progressivamente rinunciando a pezzi d’umanità. Se vogliamo cominciare a invertire la rotta, è necessario cominciare a pretendere che i governi europei non siano complici, né diretti, né indiretti, di carneficine e atrocità. È necessario cominciare a riconoscere, prendere sul serio e contrastare il ritorno di politiche e ideologie razziste. È necessaria una profonda riflessione per giungere a una netta presa di posizione.
Grazie quindi a Giampiero Cicciò e Maurizio Marchetti per aver ideato Da dove vieni? Terraferma, terrachiusa, al maestro Giovanni Renzo per l’azzeccata colonna sonora suonata magistralmente dal vivo, a Lelio Bonaccorso per aver prestato la sua matita alla locandina, a Davide Liotta per la sensibilità nell’accogliere in seno alla rassegna “Aria nuova in ME” uno spettacolo così “politicamente scorretto” e a tutte le persone che hanno permesso la sua messa in scena.
Fonte Testo: Antonino Rampulla
ARCHIVIO NEWS
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA? CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
Torna a CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI? Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona. A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte...
CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI? CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI?
Torna a CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE In presenza di pendenze, anche leggere, in alcune cart ruts in contrada Targia, a Siracusa, si rilevano dei fori centrali dal diametro tra 30 e 50 centimetri e dalla profondità di 15-20 centimetri, distanti tra loro circa 50 centimetri. Non appare perfettamente regolare né la posizione (non sono esattamente al centro della carraia e perfettamente allineati tra loro), né la forma: o lo scorrere del tempo e l’eventuale usura ne hanno modificato profondamente l’originaria forma o, semplicemente, non hanno mai avuto una sistematica regolarità. Tuttavia lo sfalsamento di posizione tra un foro è l’altro, non è mai completamente “fuori asse”: c’è sempre una porzione larga una ventina di centimetri che coincide con la medesima porzione del foro precedente e susseguente. I fori meglio conservati e più definiti si...
CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE
Torna a CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO Salto ogni preambolo, rimandando a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale. La facile tendenza accademica è stata, nella maggior parte dei casi riguardanti le cart ruts, quella di considerarle in funzione delle latomie, ossia delle cave, con le quali molto spesso (ad esempio nei casi di contrada Targia o contrada Pizzuta) condividono lo stesso territorio. Secondo tale tesi, le carraie si sarebbero indirettamente create a causa dell’usura della roccia a ogni passaggio di carri o slitte cariche di blocchi di pietra estratti. Non riprendo le argomentazioni fin qui esposte al fine di dimostrare che si tratta di una tesi che a un’analisi approfondita delle cart ruts ha fondamenta poco solide. Tuttavia aggiungo un tassello dimostrando la non plausibilità di una loro connessione in termini...
CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO
Leggi anche LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Vagliando la possibilità che le cart ruts siano state gradualmente scavate dal passaggio di carri trainati da animali da soma, ad esempio coppie di buoi, osservando determinati tratti delle cart ruts presenti in contrada Granatari Vecchi, a Rosolini, e in contrada Pizzuta, a ridosso della Riserva di Vendicari, sorgono due domande: 1. Perché costringere gli animali a passare su asperità e sporgenze alte, rispetto alla base dei solchi, anche 60-70 centimetri? 2. Perché, alla presenza di tali ostacoli, non optare per una deviazione? Per Mottershead, Pearson e Schaefer tali sporgenze si sono manifestate a posteriori, poiché ai tempi dei passaggi dei carri, uno strato di terra ricopriva il banco roccioso, non...
LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Leggi anche I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale. Per procedere a questo paragone ho scelto un probabile capitello e l’angolo di un incavo presente in un blocco delle mura nord di Eloro che parrebbe somigliare a un pinax, cioè a una nicchia che avrebbe ospitato un affresco degli heroa, ma che un’osservazione più accorta rimanda a un sistema funzionale alla presa del blocco tramite un argano a pinza. Entrambi gli elementi sono, come le curt ruts, rimasti per millenni in balia delle intemperie, soggetti quindi a un paragonabile logorio dovuto al passare del tempo. La rifinitura del capitello dovrebbe essere di alto livello, poiché elemento architettonico avente funzione anche estetica. L’incavo, invece, avrebbe dovuto esigere solo una rifinitura...
I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Come riscontrabile anche in altri siti nel mondo, in alcune cart ruts da me visitate, in particolare in contrada Cugni a Pachino, in contrada Granati Vecchi a Rosolini e in contrada Targia a Siracusa, si rileva una netta bordatura, una sorta di cornice, a fianco ai solchi, maggiormente marcata esternamente, appena accennata internamente. Le bordature da me misurate hanno una larghezza di 14-20 centimetri e un’altezza di 8-10 centimetri. Non in tutte le cart ruts tali cornici sono presenti o particolarmente evidenti, a prescindere dal grado di usura o degrado. Si riscontrano soprattutto nelle cart ruts dai solchi meno profondi. Come già ampiamente descritto, data la presenza di solchi dalla profondità anche di 65-70 centimetri, le ruote di un eventuale veicolo...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE) IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE)
Clicca qui per tornare alla terza parte Clapham Junction Come nel sito maltese Misrah Ghar Il-Kbir, anche nelle contrade Targia e Granatari Vecchi le cart ruts si intersecano e si incrociano in modo simile agli scambi dei binari in una stazione ferroviaria. Il soprannome Clapham Junction che è stato dato da David H. Trump al sito maltese, deriva proprio dalla somiglianza con la nota stazione ferroviaria inglese. Per la Sagona si tratta di solchi agricoli e canali d’acqua, per Mottershead, Pearson e Schaefer si tratta di percorsi abbandonati per via di ostacoli e usura. Non sappiamo ovviamente quale fosse la morfologia del territorio siracusano e rosolinese ai tempi in cui furono tracciate le cart ruts, ma considerando il contesto attuale, di certo non ci sarebbe stato alcun motivo agricolo per realizzarle, data la presenza di terreni fertili, di fonti e corsi d’acqua dolce...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE) IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE)
Clicca qui per tornare alla SECONDA PARTE Considerazioni sulle tesi di Mottershead, Pearson e Schaefer Trovo tale studio estremamente interessante, anche se mi perplime quest’enfasi sulla perdita di durezza della roccia bagnata dato che Malta è fra i territori europei a maggior rischio di desertificazione (come lo è purtroppo anche la zona sud orientale della Sicilia). Non sappiamo esattamente che clima ci fosse a Malta durante la realizzazione delle cart ruts, dato che non sappiamo nemmeno con certezza a che epoca risalgano. In ogni caso, potrebbe essere comprensibile prendere il fattore umidità in forte considerazione, in relazione a un territorio costantemente soggetto a precipitazioni, ma per quale motivo gli antichi maltesi avrebbero dovuto intensamente fare viaggi con carri carichi proprio dopo un acquazzone, con tutti i disagi che per esempio il fango avrebbe...