Del sito archeologico di Eloro ne abbiamo già accennato
qui. Si tratta dei resti di un’antica
polis, colonia di Siracusa,
che purtroppo non c’è verso di poter ufficialmente visitare: tutta l’area è recintata e abbandonata. Fortunatamente l’ufficiosità offre un paio d’inaspettate possibilità a ridosso del mare… La vegetazione incolta, il terreno scosceso, la presenza di pozzi (in verità messi in relativa sicurezza con delle grate in metallo dai volenterosi archeologi che nel secolo scorso si sono occupati dei pochi e insufficienti scavi) e di colpetti di zappa e ruspa qua e là per opera di industriosi tombaroli, rendono la visita del sito non priva di pericoli (rischio di una bella multa a parte). Dal punto di vista della sicurezza è quindi giustificata la sua recinzione. È l’incuria e il suo abbandono che fatico ad accettare. Soprattutto alla vista della villetta edificata tra l’
l’Agorà e l’
Asclepion che avrebbe dovuto ospitare il custode dell’area archeologica. Che cosa renderebbe Eloro meritevole di maggiore cura e attenzione? Potrebbero ritenersi sufficienti i resti di un piccolo
teatro arcaico (purtroppo tranciato genialmente da un canale di bonifica casualmente fascista), di un
Tempio di Demetra e Kore, di una
Stoà e dei già citati
Agorà e
Asclepion? Perché se lo fossero, la sua incuria e il suo abbandono sarebbero un peccato difficilmente perdonabile.
Le prime tracce di cultura greca nel promontorio su cui sorge la
polis sono databili all’VIII secolo a.C.
Eloro, così chiamato per la vicinanza del fiume omonimo, oggi Tellaro, era collegato a Siracusa tramite l’importante via Elorina. La costa rocciosa e accidentata su cui si affaccia, che inframmezza due splendide e frequentate spiagge sabbiose (riflettiamo sull’incremento di
appeal turistico se Eloro fosse curato e visitabile) conserva i segni di rilevanti interventi umani, suggerendo che la morfologia della costa all’epoca dovesse essere stata tanto differente da ospitare strutture portuali.
Gli scavi più importanti furono eseguiti all’inizio del XX secolo da Paolo Orsi e Rosario Carta. Vi fu una ripresa tra la fine degli anni ’50 e ’70 per opera di Elio Militello, Vito Piscione e Giuseppe Voza. Nel 1965, Maria Teresa Currò si prodigò nel dare sistematicità alle informazioni storiche fino allora desunte dagli scavi. E se le informazioni che il
Dott. Fabio Copani
dà al riguardo sono corrette, dagli anni ’80 sembra esserci stata calma piatta: in buona sostanza nessuno ha più spostato una pietra (tombaroli a parte, ovviamente). Ottimo! È l’ennesimo segnale che
in Sicilia sappiamo come valorizzare le nostre risorse…
L’aspetto che più mi affascina della storia di Eloro, in comune con altri antichi insediamenti
siculi quali Noto Antica, è che la sua
ellenizzazione sia avvenuta pacificamente e gradualmente rispetto alla più sbrigativa, traumatica e frequente cacciata degli autoctoni a suon di spada dai territori in cui i greci decidevano di fondare una colonia (ne sono infatti esempio i modi “gentili” con cui il corinzio Archia “allontanò” i siculi da Ortigia). A quanto pare il promontorio di
Eloro era già abitato dai siculi prima della fondazione di Siracusa, così come, ad esempio, Noto Antica. Per i greci, i siculi non hanno mai rappresentato una minaccia militare, in quanto il gap organizzativo e tecnologico tra questi era notevole, quindi, a meno di non volersi impadronire di un nuovo territorio su cui fondare una nuova colonia, non avrebbero avuto alcun motivo per cacciarli da Eloro. Vero è che la
polis Eloro comunque si sviluppò su un promontorio che guarda alla foce del Tellaro (al tempo navigabile) e che quindi avrebbe anche potuto fungere da avamposto siracusano, a difesa della metropoli greca dalle scorribande sicule da sud. Tuttavia, come messo precedentemente in evidenza, è altrettanto vero che non vi sarebbe stato alcun motivo di industriarsi a tal punto per contenere la minaccia sicula. Tra l’altro i siculi, consci della capacità bellica greca che aveva spazzato via anche Pantalica, adottarono un atteggiamento di reverenza e accomodamento nei confronti della potente Siracusa. L’esigenza dei siracusani non fu quindi realmente la fondazione di una nuova colonia, bensì l’
occupazione rapida dell’ultimo approdo utile a sud nella costa ionica. A tal fine fu decisa la via indolore dell’integrazione con la popolazione sicula già insediata sul promontorio di Eloro che, trovandosi a ridosso di un fiume circondato da campi fertili,
come fa notare il Dott. Copani , avrebbe potuto rappresentare
l’approdo ideale per la fondazione di una colonia da parte di greci di città rivali, quindi una minaccia per Siracusa ben più reale delle città sicule.
Eloro fu certamente abitata fino in epoca bizantina, come testimoniano le tracce della costruzione di una chiesa sui ruderi della
stoà (pratica comune in Sicilia, in cui i basamenti di strutture più antiche erano utilizzati per l’edificazione di nuove strutture). La
Torre Stampace, i cui resti sono visibili all’angolo sud-est del promontorio fu invece costruita dagli aragonesi nel XIV secolo sui resti di una fortezza di cui si ha testimonianza in età romana.
Il solo aspetto positivo dell’area archeologica di Eloro è che la difficoltà di essere raggiunta e il trovarsi a ridosso della Riserva di Vendicari,
la preserva dall’essere sepolta dalla spazzatura, sorte a cui non trovano scampo altri siti archeologici e monumentali in zona, come la Grotta di Calafarina, la Torre Scibini o la Torre Fano (di cui, spero, presto avrò il piacere di parlarvi).
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
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Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona.
A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte...
CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI?
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In presenza di pendenze, anche leggere, in alcune cart ruts in contrada Targia, a Siracusa, si rilevano dei fori centrali dal diametro tra 30 e 50 centimetri e dalla profondità di 15-20 centimetri, distanti tra loro circa 50 centimetri. Non appare perfettamente regolare né la posizione (non sono esattamente al centro della carraia e perfettamente allineati tra loro), né la forma: o lo scorrere del tempo e l’eventuale usura ne hanno modificato profondamente l’originaria forma o, semplicemente, non hanno mai avuto una sistematica regolarità. Tuttavia lo sfalsamento di posizione tra un foro è l’altro, non è mai completamente “fuori asse”: c’è sempre una porzione larga una ventina di centimetri che coincide con la medesima porzione del foro precedente e susseguente. I fori meglio conservati e più definiti si...
CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE
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Salto ogni preambolo, rimandando a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
La facile tendenza accademica è stata, nella maggior parte dei casi riguardanti le cart ruts, quella di considerarle in funzione delle latomie, ossia delle cave, con le quali molto spesso (ad esempio nei casi di contrada Targia o contrada Pizzuta) condividono lo stesso territorio.
Secondo tale tesi, le carraie si sarebbero indirettamente create a causa dell’usura della roccia a ogni passaggio di carri o slitte cariche di blocchi di pietra estratti. Non riprendo le argomentazioni fin qui esposte al fine di dimostrare che si tratta di una tesi che a un’analisi approfondita delle cart ruts ha fondamenta poco solide. Tuttavia aggiungo un tassello dimostrando la non plausibilità di una loro connessione in termini...
CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO
Leggi anche LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Vagliando la possibilità che le cart ruts siano state gradualmente scavate dal passaggio di carri trainati da animali da soma, ad esempio coppie di buoi, osservando determinati tratti delle cart ruts presenti in contrada Granatari Vecchi, a Rosolini, e in contrada Pizzuta, a ridosso della Riserva di Vendicari, sorgono due domande:
1. Perché costringere gli animali a passare su asperità e sporgenze alte, rispetto alla base dei solchi, anche 60-70 centimetri?
2. Perché, alla presenza di tali ostacoli, non optare per una deviazione?
Per Mottershead, Pearson e Schaefer tali sporgenze si sono manifestate a posteriori, poiché ai tempi dei passaggi dei carri, uno strato di terra ricopriva il banco roccioso, non...
LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Leggi anche I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
Per procedere a questo paragone ho scelto un probabile capitello e l’angolo di un incavo presente in un blocco delle mura nord di Eloro che parrebbe somigliare a un pinax, cioè a una nicchia che avrebbe ospitato un affresco degli heroa, ma che un’osservazione più accorta rimanda a un sistema funzionale alla presa del blocco tramite un argano a pinza. Entrambi gli elementi sono, come le curt ruts, rimasti per millenni in balia delle intemperie, soggetti quindi a un paragonabile logorio dovuto al passare del tempo. La rifinitura del capitello dovrebbe essere di alto livello, poiché elemento architettonico avente funzione anche estetica. L’incavo, invece, avrebbe dovuto esigere solo una rifinitura...
I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Come riscontrabile anche in altri siti nel mondo, in alcune cart ruts da me visitate, in particolare in contrada Cugni a Pachino, in contrada Granati Vecchi a Rosolini e in contrada Targia a Siracusa, si rileva una netta bordatura, una sorta di cornice, a fianco ai solchi, maggiormente marcata esternamente, appena accennata internamente.
Le bordature da me misurate hanno una larghezza di 14-20 centimetri e un’altezza di 8-10 centimetri.
Non in tutte le cart ruts tali cornici sono presenti o particolarmente evidenti, a prescindere dal grado di usura o degrado. Si riscontrano soprattutto nelle cart ruts dai solchi meno profondi.
Come già ampiamente descritto, data la presenza di solchi dalla profondità anche di 65-70 centimetri, le ruote di un eventuale veicolo...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE)
Clicca qui per tornare alla terza parte
Clapham Junction
Come nel sito maltese Misrah Ghar Il-Kbir, anche nelle contrade Targia e Granatari Vecchi le cart ruts si intersecano e si incrociano in modo simile agli scambi dei binari in una stazione ferroviaria. Il soprannome Clapham Junction che è stato dato da David H. Trump al sito maltese, deriva proprio dalla somiglianza con la nota stazione ferroviaria inglese. Per la Sagona si tratta di solchi agricoli e canali d’acqua, per Mottershead, Pearson e Schaefer si tratta di percorsi abbandonati per via di ostacoli e usura. Non sappiamo ovviamente quale fosse la morfologia del territorio siracusano e rosolinese ai tempi in cui furono tracciate le cart ruts, ma considerando il contesto attuale, di certo non ci sarebbe stato alcun motivo agricolo per realizzarle, data la presenza di terreni fertili, di fonti e corsi d’acqua dolce...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE)
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Considerazioni sulle tesi di Mottershead, Pearson e Schaefer
Trovo tale studio estremamente interessante, anche se mi perplime quest’enfasi sulla perdita di durezza della roccia bagnata dato che Malta è fra i territori europei a maggior rischio di desertificazione (come lo è purtroppo anche la zona sud orientale della Sicilia). Non sappiamo esattamente che clima ci fosse a Malta durante la realizzazione delle cart ruts, dato che non sappiamo nemmeno con certezza a che epoca risalgano. In ogni caso, potrebbe essere comprensibile prendere il fattore umidità in forte considerazione, in relazione a un territorio costantemente soggetto a precipitazioni, ma per quale motivo gli antichi maltesi avrebbero dovuto intensamente fare viaggi con carri carichi proprio dopo un acquazzone, con tutti i disagi che per esempio il fango avrebbe...