NOTO ANTICA, DAGLI ALBORI DELLA SICILIA
NOTO ANTICA, DAGLI ALBORI DELLA SICILIA
Fonte Foto: Antonino Rampulla
La Noto attuale, ossia la Noto capitale del barocco siciliano, è una città-opera d’arte eretta in seguito al disastroso sisma del 1693 da menti geniali dell’epoca. Tuttavia la Noto originaria, preesistente alla colonizzazione greca, di probabile matrice sicula, tenuta in gran conto dai greci, poi foederata romana al pari di Messina e Taormina, che ha dato il nome all’omonimo Vallo (uno dei tre in cui la Sicilia venne divisa prima in epoca araba, poi normanna), o meglio, i resti di quella città che un tempo fu la magnificente Netum, si trovano sul crinale del monte Alveria, a dieci chilometri dall’odierno sito.
A Noto Antica si arriva da Noto proseguendo sulla SS287 verso gli Iblei, per poi svoltare a sinistra sulla SP64. Purtroppo l’ultimo tratto di strada, circa 750 metri, è estremamente complicato da percorrere, poiché, seppur asfaltata, si restringe quasi a un’unica corsia, con pochi slarghi in cui accostare per concedere il passaggio alle vetture che provengano dal senso inverso. A Noto Antica ci si può arrivare solo con mezzi propri, poiché nessun servizio di trasporto pubblico arriva lì. Il sito archeologico non è custodito, l’ingresso è quindi libero e vi si può entrare in qualunque momento della giornata. L’auto si può lasciare nei pressi dell’ingresso, in una sorta di parcheggio non custodito. All’interno del parco archeologico, la circolazione alle vetture private dovrebbe teoricamente essere vietata, tuttavia ogni tanto mi è parso di scorgere lungo il suo sentiero principale delle auto che non riportassero le insegne della polizia forestale…

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Il Parco dell’Alveria è l’insieme delle aree archeologiche che comprendono a grandi linee Noto Antica a sud e una Necropoli di probabilissima origine sicula a nord. Le due aree sono separate in quanto Noto Antica, in special modo dal lato di Porta della Montagna, cioè dall’ingresso principale, è delimitata dalle imponenti mura cinquecentesche che hanno resistito alle devastanti scosse telluriche del 1693. La profondità e la fattura di queste mura danno la misura di quanto importante sia stata la città di Noto in epoca antica. All’ingresso si trovano due mappe: la prima, canonica, raffigurante i percorsi e le rovine del parco; la seconda, estremamente interessante, ritraente la Noto originaria che un frate francescano fece in tempo a disegnare qualche anno prima del sisma, di grande aiuto per l’identificazione dell’esatta ubicazione delle rovine. L’ultima volta che ho avuto il piacere di inoltrarmi lungo il suo sentiero è stata a metà settembre del 2017, con moglie incinta e figlia di due anni in passeggino. La giornata non era troppo calda, per fortuna. Per raggiungere il quasi quasi immediato Castello Reale ho dovuto lasciare giù il passeggino e prendere in braccio la piccola: sappiate quindi che inoltrarsi nel sito archeologico di Noto Antica è più simile a un trekking di media difficoltà, che a una passeggiatina sul lungomare di Marzamemi... Quindi attrezzatevi bene. Altrimenti si può sempre rimanere sul più semplice sentiero principale per incontrare le rovine del Nuovo Ospedale, del Palazzo Landolina di Belludia o del Collegio dei Gesuiti. Ma se si vogliono raggiungere ad esempio le Concerie Arabe o il greco Ginnasio sappiate che con moglie incinta e figlia di due anni al seguito, è piuttosto complicato…

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A me Noto Antica suscita emozioni contrastanti. Se si fa finta di procedere per un territorio inesplorato, invaso dalla disordinata vegetazione tipica di queste altitudini e latitudini, in cui quasi per caso si scorgono antiche rovine di cui nessuno sa ancora nulla, allora ci si dimentica che in verità si tratta di sito archeologico dalla grande importanza storica, perché qui vi hanno posto dimora, come suggerito dalle vicine necropoli della Cultura di Castelluccio, Sicani, Siculi, Greci, Romani, Bizantini, Arabi, Normanni, Aragonesi et cetera, prima che il devastante sisma del Val di Noto radesse quasi tutto al suolo. Allora ci si dimentica che quei sentieri complicati da percorrere, quella vegetazione rigogliosa che tutto ingloba, fa rima con incuria… Certamente, l’andamento irregolare dei sentieri con diramazioni, scalini, slarghi che un tempo furono delle vissute e frequentate piazze, come ad esempio Piazza Maggiore, è tipico di un impianto medievale. Ma questo non ne giustifica lo stato di semiabbandono: un tempo quel sentiero a scalini era percorribile anche senza scarponcini da trekking…
Negli ultimi anni si è comunque assistito a un rinato interesse nei confronti di Noto Antica, anche ad opera del Comune di Noto nel tentativo di coinvolgere anche Soprintendenza e Università. Un vantaggio non indifferente del sito archeologico di Noto Antica, è quello di non trovarsi al di sotto di un moderno centro abitato, in cui gli interessi pubblici in caso di ritrovamenti archeologici andrebbero a cozzare con quelli privati, sfociando in ostruzionismo quando non in vere e proprie dispute giudiziarie. Ad esempio a Roma, ovunque si scavi, si trovano resti e reperti di rilevanza archeologica, quindi matasse burocratiche da sbrogliare, come ad esempio in occasione dei recenti lavori di ampliamento della metropolitana. A Messina, città colpita più volte da devastanti terremoti (l’ultimo nel 1908), ricostruita sulle proprie macerie, non di rado circolano voci di presunti ritrovamenti da parte d’imprese edili, frettolosamente ricoperti per non vedersi i lavori bloccati dalla Soprintendenza.
A prescindere dal farne un’attrattiva turistica, il Parco archeologico dell’Alveria andrebbe meglio curato e indagato, anche procedendo con nuovi scavi, innanzitutto al fine di approfondire la preistoria della Sicilia e del Mediterraneo che, da una recente scoperta dell’archeologo siciliano, Davide Tanasi, sembrerebbe un po’ diversa da quanto abbiamo studiato sui libri scolastici.

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Se l’origine sicula di Noto fosse accertata (ma per farlo, purtroppo, servirebbero fondi e scavi che non ci sono) darebbe ulteriore conferma alla tesi secondo cui i popoli siciliani, in epoca antecedente alla colonizzazione greca, avrebbero avuto un livello culturale non troppo distante da quello ellenico. La recente scoperta di Davide Tanasi di tracce di vino, nei pressi di Sciacca, risalenti addirittura al IV millennio a.C., ossia circa due millenni prima dell’avvento di siculi e sicani, prova che la storia della Sicilia andrebbe in parte riscritta, poiché il processo di vinificazione concerne un livello “tecnologico” non attribuibile a culture tipicamente preistoriche. Considerando anche che nello stesso periodo si andava diffondendo la cultura della conservazione del vino, oltre che della vinificazione, anche in Armenia e in Grecia, e che in Sicilia vi fosse una gran quantità di strumenti in metallo non coerente con la disponibilità mineraria dell’isola, non risulta impossibile ipotizzare rapporti commerciali extra-isolani, quindi un livello culturale ben più avanzato di quanto fino a poco tempo fa si credesse. Per farsi finanziare le proprie ricerche, il prof. Davide Tanasi si è dovuto rivolgere alla University of South Florida: il sistema universitario italiano continua a dimostrarsi all’avanguardia nel valorizzare le sue menti migliori…
Fonte Testo: Antonino Rampulla
ARCHIVIO NEWS
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA? CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
Torna a CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI? Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona. A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte...
CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI? CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI?
Torna a CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE In presenza di pendenze, anche leggere, in alcune cart ruts in contrada Targia, a Siracusa, si rilevano dei fori centrali dal diametro tra 30 e 50 centimetri e dalla profondità di 15-20 centimetri, distanti tra loro circa 50 centimetri. Non appare perfettamente regolare né la posizione (non sono esattamente al centro della carraia e perfettamente allineati tra loro), né la forma: o lo scorrere del tempo e l’eventuale usura ne hanno modificato profondamente l’originaria forma o, semplicemente, non hanno mai avuto una sistematica regolarità. Tuttavia lo sfalsamento di posizione tra un foro è l’altro, non è mai completamente “fuori asse”: c’è sempre una porzione larga una ventina di centimetri che coincide con la medesima porzione del foro precedente e susseguente. I fori meglio conservati e più definiti si...
CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE
Torna a CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO Salto ogni preambolo, rimandando a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale. La facile tendenza accademica è stata, nella maggior parte dei casi riguardanti le cart ruts, quella di considerarle in funzione delle latomie, ossia delle cave, con le quali molto spesso (ad esempio nei casi di contrada Targia o contrada Pizzuta) condividono lo stesso territorio. Secondo tale tesi, le carraie si sarebbero indirettamente create a causa dell’usura della roccia a ogni passaggio di carri o slitte cariche di blocchi di pietra estratti. Non riprendo le argomentazioni fin qui esposte al fine di dimostrare che si tratta di una tesi che a un’analisi approfondita delle cart ruts ha fondamenta poco solide. Tuttavia aggiungo un tassello dimostrando la non plausibilità di una loro connessione in termini...
CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO
Leggi anche LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Vagliando la possibilità che le cart ruts siano state gradualmente scavate dal passaggio di carri trainati da animali da soma, ad esempio coppie di buoi, osservando determinati tratti delle cart ruts presenti in contrada Granatari Vecchi, a Rosolini, e in contrada Pizzuta, a ridosso della Riserva di Vendicari, sorgono due domande: 1. Perché costringere gli animali a passare su asperità e sporgenze alte, rispetto alla base dei solchi, anche 60-70 centimetri? 2. Perché, alla presenza di tali ostacoli, non optare per una deviazione? Per Mottershead, Pearson e Schaefer tali sporgenze si sono manifestate a posteriori, poiché ai tempi dei passaggi dei carri, uno strato di terra ricopriva il banco roccioso, non...
LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Leggi anche I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale. Per procedere a questo paragone ho scelto un probabile capitello e l’angolo di un incavo presente in un blocco delle mura nord di Eloro che parrebbe somigliare a un pinax, cioè a una nicchia che avrebbe ospitato un affresco degli heroa, ma che un’osservazione più accorta rimanda a un sistema funzionale alla presa del blocco tramite un argano a pinza. Entrambi gli elementi sono, come le curt ruts, rimasti per millenni in balia delle intemperie, soggetti quindi a un paragonabile logorio dovuto al passare del tempo. La rifinitura del capitello dovrebbe essere di alto livello, poiché elemento architettonico avente funzione anche estetica. L’incavo, invece, avrebbe dovuto esigere solo una rifinitura...
I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Come riscontrabile anche in altri siti nel mondo, in alcune cart ruts da me visitate, in particolare in contrada Cugni a Pachino, in contrada Granati Vecchi a Rosolini e in contrada Targia a Siracusa, si rileva una netta bordatura, una sorta di cornice, a fianco ai solchi, maggiormente marcata esternamente, appena accennata internamente. Le bordature da me misurate hanno una larghezza di 14-20 centimetri e un’altezza di 8-10 centimetri. Non in tutte le cart ruts tali cornici sono presenti o particolarmente evidenti, a prescindere dal grado di usura o degrado. Si riscontrano soprattutto nelle cart ruts dai solchi meno profondi. Come già ampiamente descritto, data la presenza di solchi dalla profondità anche di 65-70 centimetri, le ruote di un eventuale veicolo...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE) IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE)
Clicca qui per tornare alla terza parte Clapham Junction Come nel sito maltese Misrah Ghar Il-Kbir, anche nelle contrade Targia e Granatari Vecchi le cart ruts si intersecano e si incrociano in modo simile agli scambi dei binari in una stazione ferroviaria. Il soprannome Clapham Junction che è stato dato da David H. Trump al sito maltese, deriva proprio dalla somiglianza con la nota stazione ferroviaria inglese. Per la Sagona si tratta di solchi agricoli e canali d’acqua, per Mottershead, Pearson e Schaefer si tratta di percorsi abbandonati per via di ostacoli e usura. Non sappiamo ovviamente quale fosse la morfologia del territorio siracusano e rosolinese ai tempi in cui furono tracciate le cart ruts, ma considerando il contesto attuale, di certo non ci sarebbe stato alcun motivo agricolo per realizzarle, data la presenza di terreni fertili, di fonti e corsi d’acqua dolce...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE) IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE)
Clicca qui per tornare alla SECONDA PARTE Considerazioni sulle tesi di Mottershead, Pearson e Schaefer Trovo tale studio estremamente interessante, anche se mi perplime quest’enfasi sulla perdita di durezza della roccia bagnata dato che Malta è fra i territori europei a maggior rischio di desertificazione (come lo è purtroppo anche la zona sud orientale della Sicilia). Non sappiamo esattamente che clima ci fosse a Malta durante la realizzazione delle cart ruts, dato che non sappiamo nemmeno con certezza a che epoca risalgano. In ogni caso, potrebbe essere comprensibile prendere il fattore umidità in forte considerazione, in relazione a un territorio costantemente soggetto a precipitazioni, ma per quale motivo gli antichi maltesi avrebbero dovuto intensamente fare viaggi con carri carichi proprio dopo un acquazzone, con tutti i disagi che per esempio il fango avrebbe...