Lévi-Strauss spiegava che l’errore occidentale sull’evoluzione, fosse quello di considerarla solo in relazione ai propri parametri. Non a caso, fino a buona parte del secolo scorso, l’Occidente ha voluto vedere nella propria superiorità di tecniche e tecnologie belliche, una superiorità culturale a tutto tondo. Dotandosi di ideologie per cui Dio, la natura o la dialettica storica, avrebbero investito la propria
cultura del compito di redimere e civilizzare culture considerate inferiori, ha di fatto trovato il modo per giustificare stragi, depredazioni e sottomissioni, facendo uso della propria oltremodo efficiente capacità di portare morte e distruzione.
Ne consegue che il grado d’evoluzione di una cultura sia stato per l’Occidente direttamente proporzionale alla sua capacità bellica. Così gli spagnoli, in nome della cristianità, hanno quasi sterminato gli aztechi. Così le potenze occidentali, in nome della civilizzazione, hanno sottomesso colonizzato popolazioni e territori di mezzo mondo. Così le stesse potenze sono intervenute militarmente, in nome della democrazia, ovunque i propri interessi rischiassero di essere danneggiati.
Pur cercando di rimanere distanti da banalizzazioni alla
Defou e demonizzazioni esagerate,
rispetto alla capacità di portare pace, che grado d’evoluzione avrebbe la cultura occidentale?
L’Occidente, nei confronti del resto del mondo, ha sempre cercato di mascherare, anche un po’ goffamente, un atteggiamento di fatto prepotente.
Autoproclamatosi “sceriffo del mondo”, ha arbitrariamente imposto le proprie regole, ad esempio stabilendo chi potesse utilizzare l’energia nucleare e chi no, abbassando la cresta solo di fronte a potenze asiatiche di calibro rilevante. Ha mosso guerra contro Paesi accusati di possedere quelle armi di distruzione di massa che lui stesso possiede e più volte ha utilizzato: in Iraq, gli americani le stanno ancora cercando…
Con la formazione degli Stati nazionali, popoli da sempre nomadi si sono ritrovati ovunque
stranieri e popoli non abbastanza forti militarmente, come i Curdi, si sono visti smembrare i territori abitati fra più Stati. Al termine della Seconda Guerra Mondiale, le potenze vincitrici, sotto l’egida dell’ONU e su pressione sionista,
hanno perfino deciso la creazione ex novo dello Stato d’Israele in Palestina, regione geografica da secoli abitata da popolazione prevalentemente araba. Bocciate le alternative della creazione di uno Stato federale con due governi o di due Stati separati, le argomentazioni (a mio modestissimo parere, quasi assurde) a sostegno della creazione di un unico Stato israeliano furono storiche (regni israeliti erano presenti in Palestina in epoca pre-romana), religiose (in relazione alla biblica
Terra Promessa) e “compensative” (per le sofferenze patite a causa di più diaspore e dell’Olocausto). Risultato?
Dal 1947 a oggi, lo Stato d’Israele e lo Stato di Palestina (costituitosi de facto ma non riconosciuto da mezzo mondo, Italia compresa) sono in costante stato di guerra. Se non fosse la realtà, sembrerebbe la trama di un film di Kubrick... A frittata fatta, oggi l’unica soluzione passa dal reciproco riconoscimento allo sforzarsi di
convivere pacificamente. Non c’è altra via d’uscita.
Ovviamente questa “politica” di disporre arbitrariamente di popoli e territori, protratta per secoli, ha delle conseguenze.
Istintivamente dello
straniero e del
diverso si diffida. Tuttavia
la longevità dell’Impero Romano fu dovuta proprio alla capacità di assorbire e valorizzare le culture non-latine con le quali via via entrava in contatto. Ad esempio, i romani sottomisero militarmente i greci, ma questi a loro volta li conquistarono culturalmente, in parte li “grecizzarono”. La versione romanzata della fine dell’Impero d’Occidente è che il barbaro Odoacre spodestò Romolo Augustolo e sancì la nascita di un regno barbarico. Tuttavia fu un fatto politico che formalizzò la lenta e graduale mutazione dell’Impero da romano a romano-barbarico. La pressione migratoria delle popolazioni barbariche ai confini, fu in parte causa del collasso dell’Impero nella misura in cui concorse ad aggravare la sfiancante crisi economica che da tempo attanagliava l’Impero. Ma a difendere i confini nell’ultimo secolo di vita dell’Impero, furono proprio legioni di barbari.
Il Regno ostrogoto d’Italia, ereditò una situazione politica non dissimile a quella che caratterizzò gli ultimi decenni dell’Impero: strutture amministrative romane ed esercito barbarico (per i Romani di fatto cambiò solo il nome). I lunghi periodi di prosperità di Roma furono dovuti principalmente alla strategia di avvalersi delle popolazioni sottomesse, includendole nelle proprie strutture politiche, amministrative e militari. Emblematico fu che
la maggior parte degli imperatori non nacque nell’Urbe: chi in Africa, chi in Asia minore, chi in Tracia, chi in Gallia. Era la dimostrazione che chiunque nell’Impero poteva ambire a ruoli prestigiosi a prescindere dai natali. Questa fu la grandezza di Roma.
Lo sgretolamento dell’Impero cominciò proprio quando non fu più in grado di includere e cominciò ad alzare muri.
Trump, l’attuale presidente degli Stati Uniti d’America, potenza nata dal susseguirsi di ondate migratorie (tra cui migliaia di italiani), vorrebbe alzare un muro al confine col Messico: quando si dice
historia magistra vitae….
Da quando esiste, l’uomo migra. Non c’è alcuna novità. E il motivo è sempre il medesimo anche se sublimato: reperire più facilmente le risorse per il sostentamento proprio e del nucleo “sociale” d’appartenenza, per ambire a condizioni di vita migliori.
Abbiamo accennato a come
le potenze occidentali abbiano pesantemente interferito con lo sviluppo di culture e territori non occidentali, concorrendo a creare le condizioni per cui il fisiologico fenomeno migratorio diventasse un fatto emergenziale. Ciononostante in Italia e nel resto d’Europa, cavallo di battaglia di una certa politica, è l’accanimento contro tale fenomeno, come se il suo contrasto fosse la panacea di ogni male. Slogan ricorrente diviene così
Immigrati, restate a casa vostra. In altre parole
si crede di poter continuare a fare del mondo ciò che si vuole, di disporre a piacimento delle risorse altrui senza pagare dazio.
Un aforisma, attribuito ad Agostino d’Ippona, recita
errare humanum est, perseverare autem diabolicum. Bene, internet è pieno zeppo di esempi imbarazzanti di
collusioni tra governi, multinazionali e guerre nel continente africano. Se ne avete voglia,
qui potete farvi un’idea. Un dato è emblematico:
nel 2016, l’industria bellica mondiale ha fatturato ufficialmente circa 1700 miliardi di dollari. Diciamo pure una banalità: e se improvvisamente non vi fossero più guerre?
L’Occidente continua ad avere delle grosse responsabilità nei confronti delle popolazioni africane e mediorientali martoriate da guerre e carestie. Il problema è che certe prese di posizione sull’immigrazione sono figlie di un
malessere che ha le medesime cause delle situazioni da cui chi migra fugge: il profitto a tutti i costi, purtroppo a dispetto dei diritti umani, che causa ricchezza per pochi e povertà e sfruttamento per molti. Se a Pachino il
ciliegino si lascia marcire sulle piante perché il prezzo all’ingrosso è così basso che non conviene nemmeno raccoglierlo e poi, nello stesso Pachino, i supermercati rivendono ciliegino importato dal Camerun, c’è un problema? Se in Congo le multinazionali acquistano il coltan, estratto nelle miniere da bambini per un tozzo di pane, per produrre probabilmente lo stesso computer da cui sto scrivendo, da gruppi di guerriglieri che ne gestiscono illegalmente il commercio, c’è un problema?
Così quei bambini del Congo, appena saranno abbastanza cresciuti da poter attraversare il deserto e farsi torturare e stuprare in Libia, proveranno a imbarcarsi, col probabile rischio di morire annegati, per mettere piede nella mitica Europa,
sperando in una vita migliore di quella lasciata in Africa. A Pachino e dintorni verranno fatti lavorare, ovviamente sottopagati e in nero, nelle serre di quel ciliegino che rimarrà a marcire sulle piante. Gli operai agricoli siciliani, che accetterebbero malvolentieri simili condizioni di lavoro e retribuzione, a quel punto se la prenderanno con gli
immigrati incolpandoli della carenza di lavoro.
Di fronte a una realtà così complessa, con quale onestà intellettuale si può ridurre tutto a un restate a casa vostra? Quando tutti i Paesi europei ammetteranno in maniera limpida le proprie responsabilità e si rimboccheranno veramente le maniche per adottare misure atte a fermare quest’emorragia di forze giovani e menti coraggiose dal continente africano e dal Medio Oriente?
Alzare muri, la storia lo insegna, non serve a nulla. Ciò che serve è il miglioramento delle condizioni di vita dei Paesi da cui vengono i migranti.
Ogni tanto mi capita di parlare con qualcuno di questi giovani immigrati. Ciò che mi lascia positivamente sorpreso è la risposta che spesso ricevo alla domanda su cosa vedono nel loro futuro:
studiare e imparare in Europa, per tornare prima o poi nel loro Paese e contribuire a cambiare le cose. Che sia proprio questa la strada giusta?
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
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Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona.
A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte...
CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI?
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In presenza di pendenze, anche leggere, in alcune cart ruts in contrada Targia, a Siracusa, si rilevano dei fori centrali dal diametro tra 30 e 50 centimetri e dalla profondità di 15-20 centimetri, distanti tra loro circa 50 centimetri. Non appare perfettamente regolare né la posizione (non sono esattamente al centro della carraia e perfettamente allineati tra loro), né la forma: o lo scorrere del tempo e l’eventuale usura ne hanno modificato profondamente l’originaria forma o, semplicemente, non hanno mai avuto una sistematica regolarità. Tuttavia lo sfalsamento di posizione tra un foro è l’altro, non è mai completamente “fuori asse”: c’è sempre una porzione larga una ventina di centimetri che coincide con la medesima porzione del foro precedente e susseguente. I fori meglio conservati e più definiti si...
CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO
Leggi anche LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Vagliando la possibilità che le cart ruts siano state gradualmente scavate dal passaggio di carri trainati da animali da soma, ad esempio coppie di buoi, osservando determinati tratti delle cart ruts presenti in contrada Granatari Vecchi, a Rosolini, e in contrada Pizzuta, a ridosso della Riserva di Vendicari, sorgono due domande:
1. Perché costringere gli animali a passare su asperità e sporgenze alte, rispetto alla base dei solchi, anche 60-70 centimetri?
2. Perché, alla presenza di tali ostacoli, non optare per una deviazione?
Per Mottershead, Pearson e Schaefer tali sporgenze si sono manifestate a posteriori, poiché ai tempi dei passaggi dei carri, uno strato di terra ricopriva il banco roccioso, non...
LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Leggi anche I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
Per procedere a questo paragone ho scelto un probabile capitello e l’angolo di un incavo presente in un blocco delle mura nord di Eloro che parrebbe somigliare a un pinax, cioè a una nicchia che avrebbe ospitato un affresco degli heroa, ma che un’osservazione più accorta rimanda a un sistema funzionale alla presa del blocco tramite un argano a pinza. Entrambi gli elementi sono, come le curt ruts, rimasti per millenni in balia delle intemperie, soggetti quindi a un paragonabile logorio dovuto al passare del tempo. La rifinitura del capitello dovrebbe essere di alto livello, poiché elemento architettonico avente funzione anche estetica. L’incavo, invece, avrebbe dovuto esigere solo una rifinitura...
I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Come riscontrabile anche in altri siti nel mondo, in alcune cart ruts da me visitate, in particolare in contrada Cugni a Pachino, in contrada Granati Vecchi a Rosolini e in contrada Targia a Siracusa, si rileva una netta bordatura, una sorta di cornice, a fianco ai solchi, maggiormente marcata esternamente, appena accennata internamente.
Le bordature da me misurate hanno una larghezza di 14-20 centimetri e un’altezza di 8-10 centimetri.
Non in tutte le cart ruts tali cornici sono presenti o particolarmente evidenti, a prescindere dal grado di usura o degrado. Si riscontrano soprattutto nelle cart ruts dai solchi meno profondi.
Come già ampiamente descritto, data la presenza di solchi dalla profondità anche di 65-70 centimetri, le ruote di un eventuale veicolo...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE)
Clicca qui per tornare alla terza parte
Clapham Junction
Come nel sito maltese Misrah Ghar Il-Kbir, anche nelle contrade Targia e Granatari Vecchi le cart ruts si intersecano e si incrociano in modo simile agli scambi dei binari in una stazione ferroviaria. Il soprannome Clapham Junction che è stato dato da David H. Trump al sito maltese, deriva proprio dalla somiglianza con la nota stazione ferroviaria inglese. Per la Sagona si tratta di solchi agricoli e canali d’acqua, per Mottershead, Pearson e Schaefer si tratta di percorsi abbandonati per via di ostacoli e usura. Non sappiamo ovviamente quale fosse la morfologia del territorio siracusano e rosolinese ai tempi in cui furono tracciate le cart ruts, ma considerando il contesto attuale, di certo non ci sarebbe stato alcun motivo agricolo per realizzarle, data la presenza di terreni fertili, di fonti e corsi d’acqua dolce...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE)
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Considerazioni sulle tesi di Mottershead, Pearson e Schaefer
Trovo tale studio estremamente interessante, anche se mi perplime quest’enfasi sulla perdita di durezza della roccia bagnata dato che Malta è fra i territori europei a maggior rischio di desertificazione (come lo è purtroppo anche la zona sud orientale della Sicilia). Non sappiamo esattamente che clima ci fosse a Malta durante la realizzazione delle cart ruts, dato che non sappiamo nemmeno con certezza a che epoca risalgano. In ogni caso, potrebbe essere comprensibile prendere il fattore umidità in forte considerazione, in relazione a un territorio costantemente soggetto a precipitazioni, ma per quale motivo gli antichi maltesi avrebbero dovuto intensamente fare viaggi con carri carichi proprio dopo un acquazzone, con tutti i disagi che per esempio il fango avrebbe...