Se un marziano, completamente ignaro di Siracusa, mi chiedesse un buon motivo per visitarla, io gli darei
tre eccellenti motivi per non poter non visitare Siracusa: il Teatro Greco, il Museo Orsi e Ortigia. Facilmente raggiungibile dal camping grazie all’autostrada che va da Siracusa a Rosolini, Siracusa è ben collegata a Pachino anche in pullman.
Siracusa fu ufficialmente fondata nel 734 a.C. come colonia della greca Corinto. In tempi relativamente rapidi divenne
tra le più importanti e popolose metropoli della Magna Grecia, rivaleggiante con la sola Atene. Il nucleo originario della città, concentrato nell’isola di
Ortigia, è andato quasi completamente distrutto dall’evento sismico che ha raso al suolo l’intero Val di Noto nel 1693. La sua ricostruzione in
stile barocco ne ha fatto un altro meraviglioso nucleo architettonico di cui la Sicilia può vantarsi. La
polis fu anticamente soprannominata
aretusea, per via di Aretusa, la celebre fonte d’acqua dolce che da millenni disseta i siracusani, tra le poche zone in Europa in cui cresce la pianta del
papiro.
Siracusa, rivaleggiò con Atene anche per il ruolo di “capitale” della cultura del mondo antico, essendo stata un polo attrattivo per personaggi del calibro di
Platone, che qui cercò di concretizzare l’ideale politico del
Re-Filosofo, ed
Eschilo, che nel suo magnificente teatro presentò la tragedia
I Persiani. A Siracusa nacque il grande matematico e scienziato ante litteram
Archimede, le cui intuizioni “fisiche” giocarono un ruolo importante nella resistenza alla potenza romana. A Siracusa nacque anche una delle prime comunità cristiane e non a caso la città diede i natali anche a una tra le più importanti e influenti personalità della cristianità, la martire
Santa Lucia.
Siracusa, così come l’intero mondo greco, cadde in mano romana nel 212 a.C. per poi, col crollo dell’Impero Romano d’Occidente, seguire una sorte simile al resto della Sicilia, passando dal dominio bizantino a quello arabo, normanno, aragonese, austriaco, borbone e, infine, alla non proprio spontanea adesione al Regno d’Italia dei Savoia. Tale abbondanza di influenze culturali è rispecchiata nella grande varietà architettonica presente in città.
Piuttosto comuni in Sicilia sono state le edificazioni di chiese cristiane su templi greci preesistenti. Così il
Tempio di Atena a Ortigia, risalente al V secolo a.C., già cristianizzato nel medioevo, venne incorporato nella
Cattedrale della Natività di Maria Santissima, ossia il
Duomo di Siracusa. Le colonne doriche sono infatti ancora ben visibili e conservate. Durante il dominio arabo, del Duomo ne venne fatta una moschea. L’attuale facciata, in stile barocco, venne edificata dopo il crollo della precedente facciata normanna crollata in seguito al devastante terremoto del 1693. Ortigia ospita anche la chiesa di
Santa Lucia alla Badia, ricostruita interamente dopo il sisma, che custodisce il
Seppellimento di Santa Lucia del Caravaggio. Vi sono inoltre le rovine di altri due templi, entrambi risalenti al VI secolo a.C.: il tempio di Apollo (meglio conservato) e il tempio di Artemide a fianco al
Palazzo Vermexio (risalente al 1629, attuale sede del Municipio di Siracusa). Concludo questa rapida disamina di Ortigia, assolutamente non esaustiva, menzionando il solo
Castello Maniace che, nato come struttura militare (fatto edificare da Federico II sulla fortificazione che probabilmente fece costruire il generale bizantino Giorgio Maniace che strappò Siracusa al dominio arabo), nel corso della storia ha assunto differenti ruoli in relazione alla dominazione di turno, divenendo così un altro
simbolo del crogiolo di culture che hanno concorso a fare la Sicilia.
La zona della Neapolis è un’area archeologica in cui si ergono monumenti di inestimabile valore quali il Teatro Greco, l’Anfiteatro Romano e l’Ara di Ierone.
Dalla vastità del
Teatro Greco ci si rende subito conto di quanto importante e popolosa dovesse essere nell’antichità Siracusa (le stime vanno dai 250.000 a un 1.000.000 di abitanti). Sebbene la prima edificazione risalga al V secolo a.C., l’attuale aspetto è frutto prima della ristrutturazione che nel III secolo a.C. operò il tiranno Gerone II, poi di quella romana in epoca imperiale e, purtroppo, della
spoliazione spagnola nel XVI secolo d.C. per la fortificazione di Ortigia. Nella seconda metà del XVI secolo fu riattivato l’antico acquedotto greco per fini agricoli: spicca infatti una
casa dei mugnai sulla sommità della cavea del teatro. Solo nel XVIII secolo ritornò un interesse culturale per il Teatro che diede il via a un processo di rivalutazione che ha condotto dal secolo scorso al suo riutilizzo originario.
L’
Anfiteatro Romano, in parte scavato nella roccia, fu progettato per spettacoli di gladiatori e costruito in età imperiale. Discretamente conservato è stato riportato alla luce a metà del XIX secolo.
Anche l’
Ara di Ierone II è stata soggetta all’opera di spoliazione spagnola, alla quale è scampato il solo basamento roccioso. Si trattava di un
altare dedicato a Zeus.
Dalla
Neapolis ci si può facilmente spostare a piedi verso il
Museo Archeologico Regionale Paolo Orsi, sito in Villa Landolina (dimora ottocentesca dell’omonima famiglia). Qui è custodita la storia della Sicilia, dalla preistoria all’età romana. Qui sono conservati reperti archeologici di qualunque tipo, provenienti da tutta l’isola, dagli scheletri dell’ormai estinto
elefante nano, agli oggetti preistorici di uso quotidiano, ai busti ellenistici e romani.
Infine non si può trascurare il valore storico della chiesa di Santa Lucia al Sepolcro (XII secolo d.C.), della chiesa di San Giovanni (VI secolo d.C.) da cui si accede alle catacombe cristiane più estese dopo quelle romane e delle rovine dell’antico Castello Eurialo, a Belvedere, edificato nel V secolo a.C. dal tiranno Dionisio I, che vide i bizantini quali suoi ultimi utilizzatori.
Lungi da me qualunque velleità di esaustività nei confronti di una tra le più importanti città storiche italiane. Con quest’articolo aspiro solo a suscitare, in chi non l’abbia già fatto, un po’ di curiosità nel visitare Siracusa. Se non di me, fidatevi di Cicerone, il quale disse
Urbem Syracusas maximam esse Graecarum, pulcherrimam omnium saepe audistis. Est, iudices, ita ut dicitur, tradotto:
Avete spesso sentito dire che Siracusa è la più grande città greca e la più bella di tutte. Signori giudici, è proprio come dicono.
CART RUTS MODELLATE SU ROCCIA MORBIDA?
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Alcune cart ruts di contrada Targia, a Siracusa, e la maggior parte delle cart ruts di Granatari Vecchi, a Rosolini, danno l’impressione di essere state impresse, modellate, su una roccia all’origine viscosa, non del tutto solida. Per quanto assurda possa sembrare quest’ipotesi, in particolare a Granatari Vecchi, la morbidezza delle forme e l’uniformità quanto meno anomala del banco roccioso, come se si trattasse di una gettata di cemento, che ospita le cart ruts, è un unicum rispetto al contesto litico in zona.
A Targia tale fenomeno è meno impressionante ma se si considerano le cart ruts essenzialmente carraie, quindi strade solcate derivanti indirettamente dal passaggio ripetuto dei carri lungo il medesimo tragitto, non si comprende il motivo per cui tale uniformità e levigazione sia presente, nella maggior parte...
CREMAGLIERA O ALLOGGIAMENTO PER GLI ZOCCOLI?
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In presenza di pendenze, anche leggere, in alcune cart ruts in contrada Targia, a Siracusa, si rilevano dei fori centrali dal diametro tra 30 e 50 centimetri e dalla profondità di 15-20 centimetri, distanti tra loro circa 50 centimetri. Non appare perfettamente regolare né la posizione (non sono esattamente al centro della carraia e perfettamente allineati tra loro), né la forma: o lo scorrere del tempo e l’eventuale usura ne hanno modificato profondamente l’originaria forma o, semplicemente, non hanno mai avuto una sistematica regolarità. Tuttavia lo sfalsamento di posizione tra un foro è l’altro, non è mai completamente “fuori asse”: c’è sempre una porzione larga una ventina di centimetri che coincide con la medesima porzione del foro precedente e susseguente. I fori meglio conservati e più definiti si...
CART RUTS TRANCIATE DA CAVE D’ESTRAZIONE
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Salto ogni preambolo, rimandando a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
La facile tendenza accademica è stata, nella maggior parte dei casi riguardanti le cart ruts, quella di considerarle in funzione delle latomie, ossia delle cave, con le quali molto spesso (ad esempio nei casi di contrada Targia o contrada Pizzuta) condividono lo stesso territorio.
Secondo tale tesi, le carraie si sarebbero indirettamente create a causa dell’usura della roccia a ogni passaggio di carri o slitte cariche di blocchi di pietra estratti. Non riprendo le argomentazioni fin qui esposte al fine di dimostrare che si tratta di una tesi che a un’analisi approfondita delle cart ruts ha fondamenta poco solide. Tuttavia aggiungo un tassello dimostrando la non plausibilità di una loro connessione in termini...
CART RUTS E QUALCHE SPORGENZA DI TROPPO
Leggi anche LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Vagliando la possibilità che le cart ruts siano state gradualmente scavate dal passaggio di carri trainati da animali da soma, ad esempio coppie di buoi, osservando determinati tratti delle cart ruts presenti in contrada Granatari Vecchi, a Rosolini, e in contrada Pizzuta, a ridosso della Riserva di Vendicari, sorgono due domande:
1. Perché costringere gli animali a passare su asperità e sporgenze alte, rispetto alla base dei solchi, anche 60-70 centimetri?
2. Perché, alla presenza di tali ostacoli, non optare per una deviazione?
Per Mottershead, Pearson e Schaefer tali sporgenze si sono manifestate a posteriori, poiché ai tempi dei passaggi dei carri, uno strato di terra ricopriva il banco roccioso, non...
LA LEVIGATURA DELLE CART RUTS
Leggi anche I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.
Per procedere a questo paragone ho scelto un probabile capitello e l’angolo di un incavo presente in un blocco delle mura nord di Eloro che parrebbe somigliare a un pinax, cioè a una nicchia che avrebbe ospitato un affresco degli heroa, ma che un’osservazione più accorta rimanda a un sistema funzionale alla presa del blocco tramite un argano a pinza. Entrambi gli elementi sono, come le curt ruts, rimasti per millenni in balia delle intemperie, soggetti quindi a un paragonabile logorio dovuto al passare del tempo. La rifinitura del capitello dovrebbe essere di alto livello, poiché elemento architettonico avente funzione anche estetica. L’incavo, invece, avrebbe dovuto esigere solo una rifinitura...
I PROBLEMATICI BORDI DEI SOLCHI DELLE CART RUTS
Salto ogni preambolo, rimandando a a quanto già scritto in merito alla presenza di cart ruts nella Sicilia sud orientale.Come riscontrabile anche in altri siti nel mondo, in alcune cart ruts da me visitate, in particolare in contrada Cugni a Pachino, in contrada Granati Vecchi a Rosolini e in contrada Targia a Siracusa, si rileva una netta bordatura, una sorta di cornice, a fianco ai solchi, maggiormente marcata esternamente, appena accennata internamente.
Le bordature da me misurate hanno una larghezza di 14-20 centimetri e un’altezza di 8-10 centimetri.
Non in tutte le cart ruts tali cornici sono presenti o particolarmente evidenti, a prescindere dal grado di usura o degrado. Si riscontrano soprattutto nelle cart ruts dai solchi meno profondi.
Come già ampiamente descritto, data la presenza di solchi dalla profondità anche di 65-70 centimetri, le ruote di un eventuale veicolo...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (QUARTA PARTE)
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Clapham Junction
Come nel sito maltese Misrah Ghar Il-Kbir, anche nelle contrade Targia e Granatari Vecchi le cart ruts si intersecano e si incrociano in modo simile agli scambi dei binari in una stazione ferroviaria. Il soprannome Clapham Junction che è stato dato da David H. Trump al sito maltese, deriva proprio dalla somiglianza con la nota stazione ferroviaria inglese. Per la Sagona si tratta di solchi agricoli e canali d’acqua, per Mottershead, Pearson e Schaefer si tratta di percorsi abbandonati per via di ostacoli e usura. Non sappiamo ovviamente quale fosse la morfologia del territorio siracusano e rosolinese ai tempi in cui furono tracciate le cart ruts, ma considerando il contesto attuale, di certo non ci sarebbe stato alcun motivo agricolo per realizzarle, data la presenza di terreni fertili, di fonti e corsi d’acqua dolce...
IL PROBLEMA DELLE CART RUTS NELLA SICILIA SUD ORIENTALE (TERZA PARTE)
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Considerazioni sulle tesi di Mottershead, Pearson e Schaefer
Trovo tale studio estremamente interessante, anche se mi perplime quest’enfasi sulla perdita di durezza della roccia bagnata dato che Malta è fra i territori europei a maggior rischio di desertificazione (come lo è purtroppo anche la zona sud orientale della Sicilia). Non sappiamo esattamente che clima ci fosse a Malta durante la realizzazione delle cart ruts, dato che non sappiamo nemmeno con certezza a che epoca risalgano. In ogni caso, potrebbe essere comprensibile prendere il fattore umidità in forte considerazione, in relazione a un territorio costantemente soggetto a precipitazioni, ma per quale motivo gli antichi maltesi avrebbero dovuto intensamente fare viaggi con carri carichi proprio dopo un acquazzone, con tutti i disagi che per esempio il fango avrebbe...