SOLO PROPAGANDA? RIFLESSIONI SU UN’INVASIONE
SOLO PROPAGANDA? RIFLESSIONI SU UN’INVASIONE
Fonte Foto: Antonino Rampulla
Scrivo questo terzo post sulla guerra in Ucraina come pretesto per la mia personale esigenza di approfondire, per comprendere un evento dopo il quale il mondo sarà certamente, in un modo o nell’altro, radicalmente diverso. La difficoltà, fin da quando, lo scorso anno, sono cominciati a spirare concreti venti di guerra, è stata cercare di intercettare le informazioni più “oggettive “ possibili. La metafora è la recente strage di Bucha: non solo i russi negano che siano responsabili le proprie forze armate ma sostengono perfino che sia tutta una montatura ucraina (e occidentale) per screditarli. L’“operazione speciale” di Putin sarebbe scattata su richiesta dei russofoni del Donbass, rispetto ai quali Kiev, dal 2014, avrebbe addirittura pianificato un genocidio: a questo punto tenderei piuttosto a credere agli osservatori dell’OSCE, di cui ho già scritto in un precedente post, la cui narrazione è sostanzialmente diversa. Se volessimo percorrere l’ipotesi della montatura occidentale della strage di Bucha, nel momento in cui Putin sembra solo riconoscere le ragioni della forza, facendosi beffe delle stesse Nazioni Unite, non retrocedendo dall’impianto giustificatorio della sua “operazione speciale” come atto dovuto e inevitabile contro un’Ucraina che dovrebbe solo arrendersi ed accettare le sue condizioni, a che pro organizzare un set cinematografico in piena guerra per accusare Mosca? Per spingere la NATO (che fin da subito, nella sua ambiguità, è stata chiara che non avrebbe mai mosso guerra alla Russia per difendere un Paese non membro) a entrare “finalmente” in un conflitto nucleare con Mosca?
L’opinione pubblica occidentale è oggi sostanzialmente divisa in due:
1. Sì agli aiuti economici e all’invio di armi agli ucraini e, quindi, sì alle sanzioni contro la Russia;
2. No al sostegno militare all’Ucraina, a colpire mediante sanzioni troppo duramente la Russia e, quindi, no all’esasperazione del conflitto.
Per i primi il timore è che lasciando campo libero alla Russia, a parte decretare la morte dell’Ucraina, si giustificherebbero le velleità di chiunque altro o, ancora, della stessa Russia ad agire nei confronti di altri Stati in maniera analoga. Per i secondi è che il prolungamento della resistenza ucraina possa portare alla Terza Guerra Mondiale, ovviamente nucleare.
Di seguito affronto i temi che mi è sembrato maggiormente di ravvisare nel quotidiano confronto tra fatti e opinioni su questa guerra.

1. Le minacce della NATO a Mosca

La NATO è un’alleanza, almeno sulla carta, a scopo difensivo che, dalla sua costituzione, è in realtà intervenuta ben poche volte. Sarebbe bene, dunque, non confondere le iniziative degli Stati Uniti con quelle dell’Alleanza Atlantica, sebbene sia lapalissiano che gli Stati Uniti siano il membro dal peso politico e dall’apporto militare maggiore, che quindi esercitino una tale influenza da far sostanzialmente coincidere gli interessi nazionali con quelli della NATO. Non a caso, proprio in questo periodo si sta dibattendo nel Parlamento italiano sull’opportunità di aumentare le spese militari al 2% del PIL, come da tempo chiedono gli Stati Uniti al fine di bilanciare un po’ meglio gli oneri dell’Alleanza.L’Ucraina ha chiesto di entrare nella nato nel 2008: ad oggi, quindi, l’Ucraina non fa parte della NATO, quindi non ha mai ospitato nel suo territorio sistemi missilistici NATO che, tra l’altro, avrebbero solo un dichiarato scopo difensivo rispetto ai missili balistici (sarebbero cioè missili anti-missili-balistici). Il casus belli sostanziale di Putin è che la NATO potrebbe piazzare in Ucraina missili offensivi. Il precedente storico più simile negli antefatti (la crisi di Cuba) si risolse più o meno diplomaticamente (prova ne è il fatto che siamo qui a parlarne…) Repetita iuvant: l’Ucraina non fa parte della NATO e non ha mai ospitato missili balistici rivolti contro Mosca.Cosa quindi, in relazione alla NATO, avrebbe fatto decidere a Putin di invadere l’Ucraina? La NATO (o semplicemente alcuni suoi membri), a più riprese, almeno fin dal 2004, ha svolto esercitazioni in Ucraina: dall’invasione della Crimea, chiaramente, i rapporti tra NATO e Federazione Russa hanno cominciato a incrinarsi e, probabilmente, negli ultimi anni le esercitazioni in territorio ucraino sono state percepite da Putin come una minaccia. Ma così tanto da rischiare un conflitto nucleare?
Guardando fuori dall’Ucraina, l’ingerenza degli Stati Uniti nella guerra civile siriana, a sostegno delle forze antigovernative e dei curdi, potrebbe essere stata ritenuta dalla Russia, sostenitrice invece di Assad, una minaccia diretta di alcuni membri della NATO. In ogni caso Assad è rimasto al potere grazie soprattutto al sostegno russo. Si può quindi considerare una vittoria di Putin? In seno alla crisi siriana, mentre gli Stati Uniti sostenevano i curdi contro Assad, la Turchia, altro membro della NATO, acquistava dalla Russia missili s-400, da utilizzare proprio contro i curdi alleati degli americani, che Erdogan e soci considerano invece dei terroristi. Come risposta, gli Stati Uniti hanno estromesso gli alleati turchi dal programma relativo al caccia F-35 ma, infine, hanno “scaricato” i curdi per salvaguardare il ben più potente alleato turco… La stessa Italia, dal canto suo, sembra che abbia venduto, aggirando l’embargo imposto dalla NATO ai russi nel 2014, veicoli militari alla Russia.Insomma, in relazione all’invasione dell’Ucraina, Putin potrebbe aver approfittato della relativa instabilità dell’Alleanza Atlantica? Scommettendo quindi che la NATO non sarebbe attivamente intervenuta in aiuto degli ucraini? Quindi, che le presunte minacce della Nato siano state solo un pretesto? Col senno di poi, è un fatto che la NATO non stia intervenendo(e difficilmente interverrà).2. Guerre illegali

Il regime dittatoriale di Saddam Hussein aveva da tempo preso una piega evidentemente intollerabile per la politica estera degli Stati Uniti, così che nel 2003, volendo dare credito alle traballanti dichiarazioni dell’ingegnere iracheno Janabi (il cui personale desiderio era la defenestrazione del dittatore, con ogni mezzo, anche con la menzogna), in merito alle famigerate armi chimiche detenute illegalmente dal regime, attaccarono e invasero l’Iraq senza mandato dell’ONU (la legittimità di quell’operazione militare è infatti argomento tuttora dibattuto). Il regime di Saddam Hussein fu in seguito sostituito con un governo “amico”.
La rivoluzione arancione ucraina nel 2004 ha avviato un processo di avvicinamento politico all’Unione Europea, interrotto solo dalla parentesi filorussa del Governo Yanukovyc. La Russia di Putin, vede così tramontare il progetto di includere l’Ucraina nella sua sfera d’influenza politica e economica. Così nel 2014 si impossessa della Crimea e nel 2022, col pretesto di liberare le repubbliche “russe” di Doneck e Lugansk e di “denazificarla”, invade l’Ucraina senza mandato dell’ONU.
È chiaro che la percezione europea, erede dell’evoluzione culturale che dalla mitizzata esperienza delle polies democratiche è passata per la riflessione illuministica fino a giungere alle forme liberali di governo che contraddistinguono gran parte del mondo occidentale, tende a considerare “cattivo” il dittatore che invade il “buon” Stato democratico.
Tuttavia, Paesi come l’India, il Pakistan, l’Iran, la Cina stessa, non hanno aderito alla risoluzione di condanna dell’invasione russa dell’Ucraina da parte delle Nazioni Unite. In altre parole, una buona fetta della popolazione mondiale è probabile che consideri invece i democratici Stati Uniti come il cattivo di turno. Insomma, la presunta superiorità morale dell’Occidente sarebbe relativa.
A tal proposito mi è sembrata interessante la riflessione del prof. Orsini in merito al fatto che le grandi potenze hanno sempre attribuito poca importanza all’ideologia. L’importante, cioè, non è che gli altri Paesi condividano la medesima ideologia politica ma che abbiano una politica estera a loro favorevole. Infatti, ad esempio, gli Stati Uniti hanno appoggiato regimi che di democratico non hanno nemmeno avuto la parvenza. La retorica ideologica non è, in altre parole, sostanziale, ma solo formale e serve a giustificare le ingerenze in questioni interne ad altri Paesi che hanno interessi politici incompatibili con i propri. Quindi, così come gli Stati Uniti hanno rovesciato Saddam Hussein quando non sono più stati in grado di controllarlo (la cui ascesa al potere hanno inizialmente sostenuto e finanziato), così vorrebbe fare Putin nei confronti di Zelensky.

3. Neutralità

Putin, in ogni caso, non sembra volere l’Ucraina nella NATO. La NATO, specialmente per non esacerbare i rapporti con la Russia, a sua volta non vuole l’Ucraina. L’Ucraina quindi non può fare altro che prenderne atto e rinunciare all’eventuale adesione alla NATO, con buona pace di ogni principio democratico e di autodeterminazione.
La conditio sine qua non per la pace, infatti, passa proprio dalla finlandizzazione dell’Ucraina, ossia dalla sua neutralità (anche se sembra che la stessa Finlandia, temendo i russi, sia in procinto di entrare nell’Alleanza Atlantica…)
Tuttavia, per Putin, l’Ucraina può, se vuole, aderire all’Unione Europea. Sembra di ripiombare a settant’anni fa, quando a Yalta le due superpotenze, di fatto, si spartivano il mondo…
Non sembra necessario dover spremere troppo le meningi per dedurre che il problema, per Putin, non è quindi la NATO di per sé (e ancor meno l’Ucraina) ma gli Stati Uniti d’America...
Oltre a non volere, quindi, gli americani dietro la porta di casa, Putin vuole il riconoscimento della Crimea come territorio russo, l’indipendenza delle repubbliche di Doneck e Lugansk (da inglobare poi, probabilmente, nella Federazione Russa), la demilitarizzazione di ciò che resterebbe dell’Ucraina e l’ovvio cambio di regime (pardon…“denazificazione”). 4. L’Ucraina è disposta a sacrificarsi per la “pace”?

La NATO ha certamente operato una scorrettezza nei confronti dell’Ucraina: farle credere che l’avrebbe difesa in caso di attacco russo. Le prime avvisaglie si sono palesate con l’ambiguità della distinzione di Biden tra “incursioni minori” e “invasione”, per cui la NATO sarebbe intervenuta solo nella seconda ipotesi. Tuttavia non è mai stata specificata la natura dell’intervento…
Alla retorica revisionista di Putin, che sembra negare all’Ucraina lo status di Stato sovrano, considerandola una sorta di provincia russa che si è ritrovata fintamente autonoma per uno strano scherzo della storia (destinato quindi a concludersi), si affianca il pragmatismo del prof. Orsini per il quale è necessario prendere al più presto e convintamente atto che, con l’invasione in corso, l’Ucraina si accinge a divenire russa de facto. Sostanzialmente, più le forze armate russe avanzano, più le ragioni della forza prevalgono su quelle normative: gli ucraini quindi si dovrebbero dichiarare sconfitti per minimizzare ulteriori distruzioni e perdite di vite umane, accettando in toto le richieste di Putin?. A tal fine, sarebbe quindi controproducente ritenere Putin, come in buona sostanza fa Biden, il nuovo Hitler ma bisognerebbe considerarlo semplicemente un capo di Stato che mira a salvaguardare gli interessi politici ed economici della propria Nazione. Bisognerebbe dunque comprendere le ragioni che hanno spinto Putin a imbarcarsi in una guerra, per individuare le alternative più efficaci a tutelare la popolazione ucraina rispetto alle risposte finora contemplate.
Il “problema” è che gli ucraini non sembrano disposti ad arrendersi e a sacrificarsi per la pace e la stabilità del resto del mondo. Anzi, sono proprio convinti di stare combattendo contro una tirannide che prima o poi si abbatterebbe contro altri Stati, nel cuore stesso dell’Europa.
Ovviamente non tutto è bianco o nero, e i padri e i mariti ucraini, probabilmente costretti (anche con la forza) a lasciare mogli e figli al confine con la Polonia per tornare a combattere in difesa della patria, fanno il paio con i tanti disertori russi, sbalzati improvvisamente e senza preavviso da un’esercitazione a un’invasione.

5. Solo propaganda anti-russa?

Che credibilità può dunque avere il governo russo che, fino a pochi giorni prima di invadere l’Ucraina, accusava gli Stati Uniti di diffondere fake news sull’imminente invasione (che secondo il Cremlino erano solo isteriche fantasie americane)? È lecito chiedersi se i timori dei Paesi baltici, della Moldavia o della Polonia, riguardo alle rassicurazioni di Putin, siano fondati? Ad esempio, il 4 marzo Putin dichiarava che i suoi amici bielorussi vorrebbero uno sbocco in mare…
Inoltre, come l’Ucraina, anche la Georgia e la Moldavia hanno ospitato esercitazioni della NATO e hanno chiesto di aderirvi. E come in Ucraina, anche in Georgia e in Moldavia i russi hanno “incoraggiato” la creazione di repubbliche separatiste.
Bisogna in ogni caso tener conto che :

a. occupare uno Stato indefinitamente (vedi l’Afganistan) sembra impossibile;
b. le forze russe non stanno compiendo progressi significativi e, in determinate zone, stanno addirittura ripiegando per carenza di rifornimenti e scarso morale;
c. l’analisi del numero, del tipo di armamenti e delle forze messe in campo fanno presupporre, almeno sulla carta, che i russi stiano dando fondo a quasi tutte le loro risorse (missili ipersonici e nucleari esclusi).

Insomma, Putin, in questo momento, non avrebbe la forza necessaria né ad invadere Paesi ex sovietici come la Georgia o la Moldavia, né soprattutto membri della NATO, quindi, supponendo che a Mosca non siano davvero impazziti tutti, è irrealistico pensare a un attacco contro quei Paesi baltici che impedirebbero agli “amici bielorussi” di avere uno sbocco sul mare.
Il Cremlino, sta quindi mascherando l’evidente fallimento di un’“operazione speciale militare” che sarebbe dovuta essere, secondo i presunti piani, una sorta di “Crimea bis”, quindi una guerra lampo senza (quasi) colpo ferire, raccontando che l’operazione starebbe durando più del previsto per preservare i civili e le strutture non militari. Di fronte a immagini e video che racconterebbero l’esatto contrario, ossia di città, come Mariupol, completamente rase al suolo, di numerose vittime civili, di ospedali, scuole e teatri distrutti, per non parlare di Bucha, di una resistenza ucraina che, lungi dal considerare i russi dei “liberatori”, grazie ai rifornimenti occidentali sta dando del filo da torcere alle forze russe, Mosca accusa l’Occidente di propaganda anti-russa. 6. Più armi o sanzioni mirate a obiettivi specifici?

Interessante è ancora l’opinione del prof. Orsini in merito alle sanzioni a Mosca: queste dovrebbero essere relative agli obiettivi che si vogliono perseguire. Ad esempio, se lo scopo è l’indebolimento geopolitico della Russia, allora va bene inviare rifornimenti militari, così da permettere agli ucraini di resistere il più possibile, logorando e stremando le forze russe. Tuttavia se il fine è la cessazione immediata delle ostilità per soccorrere la popolazione ucraina, bisognerebbe convincere l’Ucraina ad arrendersi accettando le condizioni di Putin. Le sanzioni andrebbero quindi strutturate per ottenere obiettivi specifici. Ad esempio, se le sanzioni si inasprissero in relazione a ogni bambino ucciso, i russi sarebbero costretti a salvaguardare anche le famiglie e le strutture civili in cui risiederebbero i bambini, producendo, a cascata, una maggiore tutela della vita dei civili.

Armare gli ucraini permette di fatto alla NATO di “combattere” i russi tenendosi formalmente fuori dal conflitto e conferisce agli ucraini, specialmente in relazione alla loro efficacia militare, una posizione non di assoluto svantaggio al tavolo delle trattative con i russi. Va ancora sottolineato che non solo sono proprio gli ucraini a chiedere armi alla NATO e non la NATO a volergliele dare a tutti i costi, ma che la NATO è anzi da questi accusata di non fare abbastanza, poiché, oltre a fucili, missili anticarro e antiaerei, gli ucraini vorrebbero anche caccia, carri armati e l’imposizione di una no fly zone (che però costringerebbe la NATO a intervenire direttamente).
Gli americani, durante la Guerra Fredda, adottarono una strategia simile, costringendo i sovietici a una tale corsa agli armamenti da farli implodere economicamente. La resistenza ucraina, cinicamente, alla NATO tornerebbe strategicamente utile anche per studiare il livello tecnologico delle forze armate russe.
L’altra faccia della medaglia è che armando la resistenza ucraina, ovviamente, si corre il rischio di provocare un’escalation del conflitto, costringendo un Putin in difficoltà ad utilizzare armi sempre più distruttive.
Le sanzioni sono invece quasi un’arma a doppio taglio, più per gli europei che per gli americani, a causa dell’interconnessione con l’economia Russia, specialmente per ciò che concerne il rifornimento energetico e di materie prime. Inoltre, per il poco informato popolo russo, sostanzialmente vittima della propaganda di regime, le sanzioni occidentali, provocando carenza di beni alimentari e di prima necessità, rafforzerebbero il consenso per Putin. L’esser stata tagliata fuori dal dollaro e dall’euro, ossia dalle monete più importanti per gli scambi commerciali internazionali è fra gli effetti più devastanti per l’economia russa. Tuttavia, poiché la Russia esporta principalmente risorse energetiche come petrolio e gas verso le grandi economie europee, avrebbe, da aprile, imposto il loro acquisto in rubli, come contromossa al fine di rivalorizzare la moneta nazionale.
Di fatto, l’importante dipendenza europea dal gas russo, nonostante le sanzioni imposte, è il vero finanziamento dell’invasione di Putin.
Alcune sanzioni colpiscono direttamente il patrimonio degli oligarchi russi, all’ingenuo fine di spingerli a pressare Putin per la cessazione delle ostilità. Tuttavia da alcune interviste (come quella all’oligarca Petr Olegovich Aven) e analisi (come quelle di Saviano sugli omicidi politici di Putin e sul ruolo della mafia russa in Ucraina) sembra evincersi che la struttura di potere “mafioso” a cui fa capo Putin è così ramificata e saldamente al vertice, che mai nessun oligarca oserebbe ribellarsi e, qualora decidesse di farlo, sarebbe sostanzialmente ininfluente.

7. Il ruolo della Cina e dei “satelliti” degli Stati Uniti

Proprio in questi giorni il ministero degli esteri cinese, in seguito a un bilaterale con l’analogo russo, ha ribadito che l’intesa sino-russa per la ricerca della pace e della sicurezza, opponendosi all'egemonia (degli Stati Uniti?), è più forte che mai. Contestualmente il ministero degli esteri russo ha affermato la condanna comune delle sanzioni “degli Stati Uniti e dei suoi satelliti” contro la Russia .
La Cina ha inizialmente parlato di inviolabilità territoriale dell’Ucraina ma non ha mai condannato l’invasione , anzi negando proprio (in linea con la propaganda russa) che si possa definire un’invasione, così come ha messo in discussione la responsabilità russa per Bucha, richiedendo un’indagine indipendente per accertare i fatti (nonostante i numerosi riscontri satellitari che proverebbero il coinvolgimento russo). L’ambiguità delle dichiarazioni cinesi sembrano esercizi di neo-lingua orwelliana.
L’atteggiamento cinese è in un certo senso cerchiobottista… Certamente ha messo in conto eventuali contraccolpi negli scambi commerciali con Stati Uniti e Europa, di gran lunga più importanti rispetto a quelli con la Russia. Tra l’altro, il rischio di una recessione economica in Europa, a causa di questa guerra, con conseguente contrazione dei consumi, è purtroppo realistico: la Cina, in quanto potenza economica principalmente d’esportazione, avrebbe ripercussioni pesantissime. Ci si chiede, a questo punto, quale sia la contropartita che Mosca possa offrire a Pechino. La definizione dell’Europa come “satellite” degli Stati Uniti è assolutamente in linea con la trascurabilità per Mosca che l’Ucraina possa aderire all’Unione Europea. L’unico aspetto positivo è che non sia percepita come una minaccia.
Fonte Testo: Antonino Rampulla
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